Legislatura 16ª - Disegno di legge N. 3249 (trasmesso alla Camera, dove ha il n. 5256, dal Presidente del Senato della Repubblica il 1° giugno 2012)
SENATO DELLA REPUBBLICA
XVI
3249
Attesto che il Senato della Repubblica,
il 31 maggio 2012, ha approvato il seguente disegno di legge, d’iniziativa del Governo:
Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita
Art 1.
(Disposizioni generali, tipologie contrattuali e disciplina in tema di flessibilità in uscita e tutele del lavoratore)
1. La presente legge dispone misure e interventi intesi a realizzare un
mercato del lavoro inclusivo e dinamico, in grado di contribuire alla
creazione di occupazione, in quantità e qualità, alla crescita sociale
ed economica e alla riduzione permanente del tasso di disoccupazione,
in particolare:
a) favorendo l’instaurazione di rapporti di lavoro più stabili e
ribadendo il rilievo prioritario del lavoro subordinato a tempo
indeterminato, cosiddetto «contratto dominante», quale forma comune di
rapporto di lavoro;
b) valorizzando l’apprendistato come modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro;
c) ridistribuendo in modo più equo le tutele dell’impiego, da un lato contrastando l’uso improprio e strumentale degli elementi di flessibilità progressivamente introdotti nell’ordinamento con riguardo alle tipologie contrattuali; dall’altro adeguando contestualmente alle esigenze del mutato contesto di riferimento la disciplina del licenziamento, con previsione altresì di un procedimento giudiziario specifico per accelerare la definizione delle relative controversie;
d) rendendo più efficiente, coerente ed equo l’assetto degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive in una prospettiva di universalizzazione e di rafforzamento dell’occupabilità delle persone;
e) contrastando usi elusivi di obblighi contributivi e fiscali degli istituti contrattuali esistenti;
f) promuovendo una maggiore inclusione delle donne nella vita economica;
g) favorendo nuove opportunità di impiego ovvero di tutela del reddito per i lavoratori ultracinquantenni in caso di perdita del posto di lavoro;
h) promuovendo modalità partecipative di relazioni industriali in conformità agli indirizzi assunti in sede europea, al fine di migliorare il processo competitivo delle imprese.
2. Al fine di monitorare lo stato di attuazione degli interventi e
delle misure di cui alla presente legge e di valutarne gli effetti
sull’efficienza del mercato del lavoro, sull’occupabilità dei
cittadini, sulle modalità di entrata e di uscita nell’impiego, è
istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in
collaborazione con le altre istituzioni competenti, un sistema
permanente di monitoraggio e valutazione basato su dati forniti
dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e da altri soggetti del
Sistema statistico nazionale (Sistan). Al sistema concorrono altresì le
parti sociali attraverso la partecipazione delle organizzazioni
maggiormente rappresentative sul piano nazionale dei datori di lavoro e
dei lavoratori.
3. Il sistema di cui al comma 2 assicura, con cadenza almeno annuale,
rapporti sullo stato di attuazione delle singole misure, sulle
conseguenze in termini microeconomici e macroeconomici, nonché sul
grado di effettivo conseguimento delle finalità di cui al comma 1. Il
sistema assicura altresì elementi conoscitivi sull’andamento
dell’occupazione femminile, rilevando, in particolare, la
corrispondenza dei livelli retributivi al principio di parità di
trattamento. Dagli esiti del monitoraggio e della valutazione di cui ai
commi da 2 a 6 sono desunti elementi per l’implementazione ovvero per
eventuali correzioni delle misure e degli interventi introdotti dalla
presente legge, anche alla luce dell’evoluzione del quadro
macroeconomico, degli andamenti produttivi, delle dinamiche del mercato
del lavoro e, più in generale, di quelle sociali.
4. Allo scopo di assicurare il monitoraggio e la valutazione indipendenti della riforma, l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e l’ISTAT organizzano delle banche dati informatizzate anonime, rendendole disponibili, a scopo di ricerca scientifica, a gruppi di ricerca collegati a università, enti di ricerca o enti che hanno anche finalità di ricerca italiani ed esteri. I risultati delle ricerche condotte mediante l’utilizzo delle banche dati sono resi pubblici e comunicati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
5. Le banche dati di cui al comma 4 contengono i dati individuali anonimi, relativi ad età, genere, area di residenza, periodi di fruizione degli ammortizzatori sociali con relativa durata ed importi corrisposti, periodi lavorativi e retribuzione spettante, stato di disoccupazione, politiche attive e di attivazione ricevute ed eventuali altre informazioni utili ai fini dell’analisi di impatto e del monitoraggio.
6. L’attuazione delle disposizioni dei commi da l a 5 non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica ed è effettuata con le risorse finanziarie, umane e strumentali previste a legislazione vigente.
7. Le disposizioni della presente legge, per quanto da esse non espressamente previsto, costituiscono princìpi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in coerenza con quanto disposto dall’articolo 2, comma 2, del medesimo decreto legislativo. Restano ferme le previsioni di cui all’articolo 3 del medesimo decreto legislativo.
8. Al fine dell’applicazione del comma 7 il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, individua e definisce, anche mediante iniziative normative, gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
9. Al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo l, il comma 01 è sostituito dal seguente:
«01. Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro»;
b) all’articolo 1, dopo il comma 1 è inserito il seguente:
«1-bis. Il requisito di cui al comma 1 non è richiesto nell’ipotesi del primo rapporto a tempo determinato, di durata non superiore a dodici mesi, concluso fra un datore di lavoro o utilizzatore e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del contratto a tempo determinato, sia nel caso di prima missione di un lavoratore nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato ai sensi del comma 4 dell’articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. I contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono prevedere, in via diretta a livello interconfederale o di categoria ovvero in via delegata ai livelli decentrati, che in luogo dell’ipotesi di cui al precedente periodo il requisito di cui al comma 1 non sia richiesto nei casi in cui l’assunzione a tempo determinato o la missione nell’ambito del contratto di somministrazione a tempo determinato avvenga nell’ambito di un processo organizzativo determinato dalle ragioni di cui all’articolo 5, comma 3, nel limite complessivo del 6 per cento del totale dei lavoratori occupati nell’ambito dell’unità produttiva»;
c) all’articolo 1, comma 2, le parole: «le ragioni di cui al comma 1» sono sostituite dalle seguenti: «le ragioni di cui al comma 1, fatto salvo quanto previsto dal comma l-bis relativamente alla non operatività del requisito della sussistenza di ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo»;
d) all’articolo 4, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
«2-bis. Il contratto a tempo determinato di cui all’articolo 1, comma l-bis, non può essere oggetto di proroga»;
e) all’articolo 5, comma 2, le parole: «oltre il ventesimo giorno» sono sostituite dalle seguenti: «oltre il trentesimo giorno» e le parole: «oltre il trentesimo giorno» sono sostituite dalle seguenti: «oltre il cinquantesimo giorno»;
f) all’articolo 5, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
«2-bis. Nelle ipotesi di cui al comma 2, il datore di lavoro ha l’onere
di comunicare al Centro per l’impiego territorialmente competente,
entro la scadenza del termine inizialmente fissato, che il rapporto
continuerà oltre tale termine, indicando altresì la durata della
prosecuzione. Le modalità di comunicazione sono fissate con decreto di
natura non regolamentare del Ministero del lavoro e delle politiche
sociali da adottare entro un mese dalla data di entrata in vigore della
presente disposizione»;
g) all’articolo 5, comma 3, le parole: «dieci giorni» sono sostituite dalle seguenti: «sessanta giorni» e le parole: «venti giorni» sono sostituite dalle seguenti: «novanta giorni»;
h) all’articolo 5, comma 3, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi:
«I contratti collettivi di cui all’articolo 1, comma l-bis, possono
prevedere, stabilendone le condizioni, la riduzione dei predetti
periodi, rispettivamente, fino a venti giorni e trenta giorni nei casi
in cui l’assunzione a termine avvenga nell’ambito di un processo
organizzativo determinato: dall’avvio di una nuova attività; dal lancio
di un prodotto o di un servizio innovativo; dall’implementazione di un
rilevante cambiamento tecnologico; dalla fase supplementare di un
significativo progetto di ricerca e sviluppo; dal rinnovo o dalla
proroga di una commessa consistente. In mancanza di un intervento della
contrattazione collettiva, ai sensi del precedente periodo, il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali, decorsi dodici mesi
dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sentite le
organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, provvede a
individuare le specifiche condizioni in cui, ai sensi del periodo
precedente, operano le riduzioni ivi previste»;
i) all’articolo 5, comma 4-bis, al primo periodo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «; ai fini del computo del periodo massimo di trentasei mesi si tiene altresì conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni equivalenti, svolti fra i medesimi soggetti, ai sensi del comma l-bis dell’articolo 1 del presente decreto e del comma 4 dell’articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, inerente alla somministrazione di lavoro a tempo determinato».
10. Al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 13, comma 1, lettera a), sono soppresse le parole da: «in deroga» fino a: «ma»;
b) al comma 4 dell’articolo 20, dopo il primo periodo è inserito il
seguente: «È fatta salva la previsione di cui al comma 1-bis
dell’articolo 1 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368»;
c) all’articolo 23, il comma 2 è abrogato.
11. All’articolo 32, comma 3, della legge 4 novembre 2010, n. 183, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) la lettera a) è sostituita dalla seguente:
«a) ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla nullità del termine apposto al contratto di lavoro, ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e successive modificazioni. Laddove si faccia questione della nullità del termine apposto al contratto, il termine di cui al primo comma del predetto articolo 6, che decorre dalla cessazione del medesimo contratto, è fissato in centoventi giorni, mentre il termine di cui al primo periodo del secondo comma del medesimo articolo 6 è fissato in centottanta giorni»;
b) la lettera d) è abrogata.
12. Le disposizioni di cui al comma 3, lettera a), dell’articolo 32 della legge 4 novembre 2010, n. 183, come sostituita dal comma 11 del presente articolo, si applicano in relazione alle cessazioni di contratti a tempo determinato verificatesi a decorrere dal 1º gennaio 2013.
13. La disposizione di cui al comma 5 dell’articolo 32 della legge 4
novembre 2010, n. 183, si interpreta nel senso che l’indennità ivi
prevista ristora per intero il pregiudizio subìto dal lavoratore,
comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo
compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento
con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto
di lavoro.
14. Gli articoli 54, 55, 56, 57, 58 e 59 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono abrogati.
15. Nei confronti delle assunzioni effettuate fino al 31 dicembre 2012 continuano ad applicarsi le disposizioni abrogate ai sensi del comma 14, nella formulazione vigente anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge.
16. All’articolo 2 del testo unico dell’apprendistato, di cui al decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo la lettera a) è inserita la seguente:
«a-bis) previsione di una durata minima del contratto non inferiore a sei mesi, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 4, comma 5»;
b) al comma 1, lettera m), primo periodo, le parole: «2118 del codice civile» sono sostituite dalle seguenti: «2118 del codice civile; nel periodo di preavviso continua a trovare applicazione la disciplina del contratto di apprendistato»;
c) il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Il numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può
assumere, direttamente o indirettamente per il tramite delle agenzie di
somministrazione di lavoro ai sensi dell’articolo 20 del decreto
legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, non
può superare il rapporto di 3 a 2 rispetto alle maestranze
specializzate e qualificate in servizio presso il medesimo datore di
lavoro; tale rapporto non può superare il 100 per cento per i datori di
lavoro che occupano un numero di lavoratori inferiore a dieci unità. È
in ogni caso esclusa la possibilità di assumere in somministrazione
apprendisti con contratto di somministrazione a tempo determinato di
cui all’articolo 20, comma 4, del decreto legislativo 10 settembre
2003, n. 276. Il datore di lavoro che non abbia alle proprie dipendenze
lavoratori qualificati o specializzati, o che comunque ne abbia in
numero inferiore a tre, può assumere apprendisti in numero non
superiore a tre. Le disposizioni di cui al presente comma non si
applicano alle imprese artigiane per le quali trovano applicazione le
disposizioni di cui all’articolo 4 della legge 8 agosto 1985, n. 443»;
d) dopo il comma 3 sono aggiunti i seguenti:
«3-bis. L’assunzione di nuovi apprendisti è subordinata alla prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato, nei trentasei mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno il 50 per cento degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro. Dal computo della predetta percentuale sono esclusi i rapporti cessati per recesso durante il periodo di prova, per dimissioni o per licenziamento per giusta causa. Qualora non sia rispettata la predetta percentuale, è consentita l’assunzione di un ulteriore apprendista rispetto a quelli già confermati, ovvero di un apprendista in caso di totale mancata conferma degli apprendisti pregressi. Gli apprendisti assunti in violazione dei limiti di cui al presente comma sono considerati lavoratori subordinati a tempo indeterminato, al di fuori delle previsioni del presente decreto, sin dalla data di costituzione del rapporto.
3-ter. Le disposizioni di cui al comma 3-bis non si applicano nei
confronti dei datori di lavoro che occupano alle loro dipendenze un
numero di lavoratori inferiore a dieci unità».
17. All’articolo 4, comma 2, del testo unico dell’apprendistato, di cui
al decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, le parole: «per le
figure professionali dell’artigianato individuate della contrattazione
collettiva di riferimento» sono sostituite dalle seguenti: «per i
profili professionali caratterizzanti la figura dell’artigiano
individuati dalla contrattazione collettiva di riferimento».
18. La disposizione di cui all’articolo 2, comma 3, del testo unico
dell’apprendistato, di cui al decreto legislativo 14 settembre 2011, n.
167, come sostituito dal comma 16, lettera c), del presente articolo,
si applica esclusivamente con riferimento alle assunzioni con
decorrenza dal 1º gennaio 2013. Alle assunzioni con decorrenza
anteriore alla predetta data continua ad applicarsi l’articolo 2, comma
3, del predetto testo unico di cui al decreto legislativo n. 167 del
2011, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della
presente legge.
19. Per un periodo di trentasei mesi decorrente dalla data di entrata in vigore della presente legge, la percentuale di cui al primo periodo del comma 3-bis dell’articolo 2 del testo unico di cui al decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, introdotto dal comma 16, lettera d), del presente articolo, è fissata nella misura del 30 per cento.
20. All’articolo 3 del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 7, dopo il numero 3) è aggiunto il seguente:
«3-bis) condizioni e modalità che consentono al lavoratore di richiedere l’eliminazione ovvero la modifica delle clausole flessibili e delle clausole elastiche stabilite ai sensi del presente comma»;
b) al comma 9 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Ferme restando le ulteriori condizioni individuate dai contratti collettivi ai sensi del comma 7, al lavoratore che si trovi nelle condizioni di cui all’articolo 12-bis del presente decreto ovvero in quelle di cui all’articolo 10, primo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, è riconosciuta la facoltà di revocare il predetto consenso».
21. Al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 34:
1) al comma 1, le parole: «ai sensi dell’articolo 37» sono soppresse;
2) il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere
concluso con soggetti con più di cinquantacinque anni di età e con
soggetti con meno di ventiquattro anni di età, fermo restando in tale
caso che le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro il
venticinquesimo anno di età»;
b) all’articolo 35 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«3-bis. Prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a trenta giorni, il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la durata con modalità semplificate alla Direzione territoriale del lavoro competente per territorio, mediante sms, fax o posta elettronica. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, possono essere individuate modalità applicative della disposizione di cui al precedente periodo, nonché ulteriori modalità di comunicazione in funzione dello sviluppo delle tecnologie. In caso di violazione degli obblighi di cui al presente comma si applica la sanzione amministrativa da euro 400 ad euro 2.400 in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione. Non si applica la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124»;
c) l’articolo 37 è abrogato.
22. I contratti di lavoro intermittente già sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge, che non siano compatibili con le disposizioni di cui al comma 21, cessano di produrre effetti decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
23. Al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 dell’articolo 61 è sostituito dal seguente:
«1. Ferma restando la disciplina degli agenti e rappresentanti di
commercio, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa
prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, di cui
all’articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile, devono
essere riconducibili a uno o più progetti specifici determinati dal
committente e gestiti autonomamente dal collaboratore. Il progetto deve
essere funzionalmente collegato a un determinato risultato finale e non
può consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del
committente, avuto riguardo al coordinamento con l’organizzazione del
committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione
dell’attività lavorativa. Il progetto non può comportare lo svolgimento
di compiti meramente esecutivi o ripetitivi, che possono essere
individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni
sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale»;
b) al comma 1 dell’articolo 62, la lettera b) è sostituita dalla seguente:
«b) descrizione del progetto, con individuazione del suo contenuto caratterizzante e del risultato finale che si intende conseguire»;
c) l’articolo 63 è sostituito dal seguente:
«Art. 63. - (Corrispettivo) – 1. Il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro eseguito e, in relazione a ciò nonché alla particolare natura della prestazione e del contratto che la regola, non può essere inferiore ai minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività, eventualmente articolati per i relativi profili professionali tipici e in ogni caso sulla base dei minimi salariali applicati nel settore medesimo alle mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati, dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria ovvero, su loro delega, ai livelli decentrati.
2. In assenza di contrattazione collettiva specifica, il compenso non
può essere inferiore, a parità di estensione temporale dell’attività
oggetto della prestazione, alle retribuzioni minime previste dai
contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di
riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di
esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto»;
d) al comma 1 dell’articolo 67, le parole: «o del programma o della fase di esso» sono soppresse;
e) il comma 2 dell’articolo 67 è sostituito dal seguente:
«2. Le parti possono recedere prima della scadenza del termine per
giusta causa. Il committente può altresì recedere prima della scadenza
del termine qualora siano emersi oggettivi profili di inidoneità
professionale del collaboratore tali da rendere impossibile la
realizzazione del progetto. Il collaboratore può recedere prima della
scadenza del termine, dandone preavviso, nel caso in cui tale facoltà
sia prevista nel contratto individuale di lavoro»;
f) all’articolo 68, comma 1, e all’articolo 69, commi 1 e 3, le parole: «, programma di lavoro o fase di esso» sono soppresse;
g) al comma 2 dell’articolo 69 è aggiunto, in fine, il seguente
periodo: «Salvo prova contraria a carico del committente, i rapporti di
collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, sono
considerati rapporti di lavoro subordinato sin dalla data di
costituzione del rapporto, nel caso in cui l’attività del collaboratore
sia svolta con modalità analoghe a quella svolta dai lavoratori
dipendenti dell’impresa committente, fatte salve le prestazioni di
elevata professionalità che possono essere individuate dai contratti
collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente
più rappresentative sul piano nazionale».
24. L’articolo 69, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003,
n. 276, si interpreta nel senso che l’individuazione di uno specifico
progetto costituisce elemento essenziale di validità del rapporto di
collaborazione coordinata e continuativa, la cui mancanza determina la
costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
25. Le disposizioni di cui ai commi 23 e 24 si applicano ai contratti
di collaborazione stipulati successivamente alla data di entrata in
vigore della presente legge.
26. Al capo I del titolo VII del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, dopo l’articolo 69 è aggiunto il seguente:
«Art. 69-bis. - (Altre prestazioni lavorative rese in regime di lavoro
autonomo). – 1. Le prestazioni lavorative rese da persona titolare di
posizione fiscale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto sono
considerate, salvo che sia fornita prova contraria da parte del
committente, rapporti di collaborazione coordinata e continuativa,
qualora ricorrano almeno due dei seguenti presupposti:
a) che la collaborazione abbia una durata complessivamente superiore a otto mesi nell’arco dell’anno solare;
b) che il corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche se
fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro d’imputazione
di interessi, costituisca più dell’80 per cento dei corrispettivi
complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco dello stesso
anno solare;
c) che il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.
2. La presunzione di cui al comma 1 non opera qualora la prestazione lavorativa presenti i seguenti requisiti:
a) sia connotata da competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi, ovvero da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell’esercizio concreto di attività;
b) sia svolta da soggetto titolare di un reddito annuo da lavoro
autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile ai
fini del versamento dei contributi previdenziali di cui all’articolo 1,
comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233.
3. La presunzione di cui al comma 1 non opera altresì con riferimento
alle prestazioni lavorative svolte nell’esercizio di attività
professionali per le quali l’ordinamento richiede l’iscrizione ad un
ordine professionale, ovvero ad appositi registri, albi, ruoli o
elenchi professionali qualificati e detta specifici requisiti e
condizioni. Alla ricognizione delle predette attività si provvede con
decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da emanare,
in fase di prima applicazione, entro tre mesi dalla data di entrata in
vigore della presente disposizione, sentite le parti sociali.
4. La presunzione di cui al comma 1, che determina l’integrale
applicazione della disciplina di cui al presente capo, ivi compresa la
disposizione dell’articolo 69, comma 1, si applica ai rapporti
instaurati successivamente alla data di entrata in vigore della
presente disposizione. Per i rapporti in corso a tale data, al fine di
consentire gli opportuni adeguamenti, le predette disposizioni si
applicano decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della
presente disposizione.
5. Quando la prestazione lavorativa di cui al comma 1 si configura come collaborazione coordinata e continuativa, gli oneri contributivi derivanti dall’obbligo di iscrizione alla gestione separata dell’INPS ai sensi dell’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, sono a carico per due terzi del committente e per un terzo del collaboratore, il quale, nel caso in cui la legge gli imponga l’assolvimento dei relativi obblighi di pagamento, ha il relativo diritto di rivalsa nei confronti del committente».
27. La disposizione concernente le professioni intellettuali per
l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in albi
professionali, di cui al primo periodo del comma 3 dell’articolo 61 del
decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, si interpreta nel senso
che l’esclusione dal campo di applicazione del capo I del titolo VII
del medesimo decreto riguarda le sole collaborazioni coordinate e
continuative il cui contenuto concreto sia riconducibile alle attività
professionali intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria
l’iscrizione in appositi albi professionali. In caso contrario,
l’iscrizione del collaboratore ad albi professionali non è circostanza
idonea di per sé a determinare l’esclusione dal campo di applicazione
del suddetto capo I del titolo VII.
28. All’articolo 2549 del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Qualora l’apporto dell’associato consista anche in una prestazione di lavoro, il numero degli associati impegnati in una medesima attività non può essere superiore a tre, indipendentemente dal numero degli associanti, con l’unica eccezione nel caso in cui gli associati siano legati all’associante da rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo. In caso di violazione del divieto di cui al presente comma, il rapporto con tutti gli associati il cui apporto consiste anche in una prestazione di lavoro si considera di lavoro subordinato a tempo indeterminato».
29. Sono fatti salvi, fino alla loro cessazione, i contratti in essere che, alla data di entrata in vigore della presente legge, siano stati certificati ai sensi degli articoli 75 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
30. I rapporti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro instaurati o attuati senza che vi sia stata un’effettiva partecipazione dell’associato agli utili dell’impresa o dell’affare, ovvero senza consegna del rendiconto previsto dall’articolo 2552 del codice civile, si presumono, salva prova contraria, rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato. La predetta presunzione si applica, altresì, qualora l’apporto di lavoro non presenti i requisiti di cui all’articolo 69-bis, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, introdotto dal comma 26 del presente articolo.
31. All’articolo 86 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, il comma 2 è abrogato.
32. Al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l’articolo 70 è sostituito dal seguente:
«Art. 70. - (Definizione e campo di applicazione). – 1. Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative di natura meramente occasionale che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare, annualmente rivalutati sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell’anno precedente. Fermo restando il limite complessivo di 5.000 euro nel corso di un anno solare, nei confronti dei committenti imprenditori commerciali o professionisti, le attività lavorative di cui al presente comma possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro, rivalutati annualmente ai sensi del presente comma.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano in agricoltura:
a) alle attività lavorative di natura occasionale rese nell’ambito
delle attività agricole di carattere stagionale effettuate da
pensionati e da giovani con meno di venticinque anni di età se
regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico
di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni
scolastici, ovvero in qualunque periodo dell’anno se regolarmente
iscritti a un ciclo di studi presso l’università;
b) alle attività agricole svolte a favore di soggetti di cui all’articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, che non possono, tuttavia, essere svolte da soggetti iscritti l’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.
3. Il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio da parte di un
committente pubblico è consentito nel rispetto dei vincoli previsti
dalla vigente disciplina in materia di contenimento delle spese di
personale e, ove previsto, dal patto di stabilità interno.
4. I compensi percepiti dal lavoratore secondo le modalità di cui
all’articolo 72 sono computati ai fini della determinazione del reddito
necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno»;
b) all’articolo 72, comma 1, dopo le parole: «carnet di buoni» sono
inserite le seguenti: «orari, numerati progressivamente e datati,» e
dopo le parole: «periodicamente aggiornato» sono aggiunte le seguenti:
«, tenuto conto delle risultanze istruttorie del confronto con le parti
sociali»;
c) all’articolo 72, comma 4, dopo il primo periodo è aggiunto il
seguente: «La percentuale relativa al versamento dei contributi
previdenziali è rideterminata con decreto del Ministro del lavoro e
delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e
delle finanze in funzione degli incrementi delle aliquote contributive
per gli iscritti alla gestione separata dell’INPS».
33. Resta fermo l’utilizzo, secondo la previgente disciplina, dei buoni
per prestazioni di lavoro accessorio, di cui all’articolo 72 del
decreto legislativo n. 276 del 2003, già richiesti alla data di entrata
in vigore della presente legge e comunque non oltre il 31 maggio 2013.
34. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, il Governo e le regioni concludono in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano un accordo per la definizione
di linee-guida condivise in materia di tirocini formativi e di
orientamento, sulla base dei seguenti criteri:
a) revisione della disciplina dei tirocini formativi, anche in
relazione alla valorizzazione di altre forme contrattuali a contenuto
formativo;
b) previsione di azioni e interventi volti a prevenire e contrastare un
uso distorto dell’istituto, anche attraverso la puntuale individuazione
delle modalità con cui il tirocinante presta la propria attività;
c) individuazione degli elementi qualificanti del tirocinio e degli effetti conseguenti alla loro assenza;
d) riconoscimento di una congrua indennità, anche in forma forfetaria, in relazione alla prestazione svolta.
35. In ogni caso, la mancata corresponsione dell’indennità di cui alla
lettera d) del comma 34 comporta a carico del trasgressore
l’irrogazione di una sanzione amministrativa il cui ammontare è
proporzionato alla gravità dell’illecito commesso, in misura variabile
da un minimo di 1.000 a un massimo di 6.000 euro, conformemente alle
previsioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689.
36. Dall’applicazione dei commi 34 e 35 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
37. Il comma 2 dell’articolo 2 della legge 15 luglio 1966, n. 604, è sostituito dal seguente:
«2. La comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato».
38. Al secondo comma dell’articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni, la parola: «duecentosettanta» è sostituita dalla seguente: «centottanta».
39. Il termine di cui all’articolo 6, secondo comma, primo periodo,
della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 38 del
presente articolo, si applica in relazione ai licenziamenti intimati
dopo la data di entrata in vigore della presente legge.
40. L’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, è sostituito dal seguente:
«Art. 7. - 1. Ferma l’applicabilità, per il licenziamento per giusta
causa e per giustificato motivo soggettivo, dell’articolo 7 della legge
20 maggio 1970, n. 300, il licenziamento per giustificato motivo
oggettivo di cui all’articolo 3, seconda parte, della presente legge,
qualora disposto da un datore di lavoro avente i requisiti dimensionali
di cui all’articolo 18, ottavo comma, della legge 20 maggio 1970, n.
300, e successive modificazioni, deve essere preceduto da una
comunicazione effettuata dal datore di lavoro alla Direzione
territoriale del lavoro del luogo dove il lavoratore presta la sua
opera, e trasmessa per conoscenza al lavoratore.
2. Nella comunicazione di cui al comma 1, il datore di lavoro deve
dichiarare l’intenzione di procedere al licenziamento per motivo
oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonché le
eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore
interessato.
3. La Direzione territoriale del lavoro trasmette la convocazione al datore di lavoro e al lavoratore nel termine perentorio di sette giorni dalla ricezione della richiesta: l’incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione di cui all’articolo 410 del codice di procedura civile.
4. La comunicazione contenente l’invito si considera validamente effettuata quando è recapitata al domicilio del lavoratore indicato nel contratto di lavoro o ad altro domicilio formalmente comunicato dal lavoratore al datore di lavoro, ovvero è consegnata al lavoratore che ne sottoscrive copia per ricevuta.
5. Le parti possono essere assistite dalle organizzazioni di rappresentanza cui sono iscritte o conferiscono mandato oppure da un componente della rappresentanza sindacale dei lavoratori, ovvero da un avvocato o un consulente del lavoro.
6. La procedura di cui al presente articolo, durante la quale le parti, con la partecipazione attiva della commissione di cui al comma 3, procedono ad esaminare anche soluzioni alternative al recesso, si conclude entro venti giorni dal momento in cui la Direzione territoriale del lavoro ha trasmesso la convocazione per l’incontro, fatta salva l’ipotesi in cui le parti, di comune avviso, non ritengano di proseguire la discussione finalizzata al raggiungimento di un accordo. Se fallisce il tentativo di conciliazione e, comunque, decorso il termine di cui al comma 3, il datore di lavoro può comunicare il licenziamento al lavoratore.
7. Se la conciliazione ha esito positivo e prevede la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, si applicano le disposizioni in materia di Assicurazione sociale per l’impiego (ASpI) e può essere previsto, al fine di favorirne la ricollocazione professionale, l’affidamento del lavoratore ad un’agenzia di cui all’articolo 4, comma l, lettere a) e b), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
8. Il comportamento complessivo delle parti, desumibile anche dal verbale redatto in sede di commissione provinciale di conciliazione e dalla proposta conciliativa avanzata dalla stessa, è valutato dal giudice per la determinazione dell’indennità risarcitoria di cui all’articolo 18, settimo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, e per l’applicazione degli articoli 91 e 92 del codice di procedura civile.
9. In caso di legittimo e documentato impedimento del lavoratore a presenziare all’incontro di cui al comma 3, la procedura può essere sospesa per un massimo di quindici giorni».
41. Il licenziamento intimato all’esito del procedimento disciplinare
di cui all’articolo 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300, oppure
all’esito del procedimento di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio
1966, n. 604, come sostituito dal comma 40 del presente articolo,
produce effetto dal giorno della comunicazione con cui il procedimento
medesimo è stato avviato, salvo l’eventuale diritto del lavoratore al
preavviso o alla relativa indennità sostitutiva; è fatto salvo, in ogni
caso, l’effetto sospensivo disposto dalle norme del testo unico delle
disposizioni legislative in materia di tutela della maternità e della
paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151. Gli
effetti rimangono altresì sospesi in caso di impedimento derivante da
infortunio occorso sul lavoro. Il periodo di eventuale lavoro svolto in
costanza della procedura si considera come preavviso lavorato.
42. All’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo»;
b) i commi dal primo al sesto sono sostituiti dai seguenti:
«Il giudice, con la sentenza con la quale dichiara la nullità del
licenziamento perché discriminatorio ai sensi dell’articolo 3 della
legge 11 maggio 1990, n. 108, ovvero intimato in concomitanza col
matrimonio ai sensi dell’articolo 35 del codice delle pari opportunità
tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198,
o in violazione dei divieti di licenziamento di cui all’articolo 54,
commi 1, 6, 7 e 9, del testo unico delle disposizioni legislative in
materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui
al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive
modificazioni, ovvero perché riconducibile ad altri casi di nullità
previsti dalla legge o determinato da un motivo illecito determinante
ai sensi dell’articolo 1345 del codice civile, ordina al datore di
lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del
lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo
formalmente addotto e quale che sia il numero dei dipendenti occupati
dal datore di lavoro. La presente disposizione si applica anche ai
dirigenti. A seguito dell’ordine di reintegrazione, il rapporto di
lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso
servizio entro trenta giorni dall’invito del datore di lavoro, salvo il
caso in cui abbia richiesto l’indennità di cui al terzo comma del
presente articolo. Il regime di cui al presente articolo si applica
anche al licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma
orale.
Il giudice, con la sentenza di cui al primo comma, condanna altresì il
datore di lavoro al risarcimento del danno subìto dal lavoratore per il
licenziamento di cui sia stata accertata la nullità, stabilendo a tal
fine un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto
maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva
reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione,
per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura
del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità della
retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato
inoltre, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi
previdenziali e assistenziali.
Fermo restando il diritto al risarcimento del danno come previsto al secondo comma, al lavoratore è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un’indennità pari a quindici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell’indennità deve essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza, o dall’invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione.
Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro di cui al primo comma e al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell’indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un importo pari al differenziale contributivo esistente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto di lavoro risolto dall’illegittimo licenziamento e quella accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre attività lavorative. In quest’ultimo caso, qualora i contributi afferiscano ad altra gestione previdenziale, essi sono imputati d’ufficio alla gestione corrispondente all’attività lavorativa svolta dal dipendente licenziato, con addebito dei relativi costi al datore di lavoro. A seguito dell’ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall’invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l’indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi del terzo comma.
Il giudice, nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all’anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell’attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo.
Nell’ipotesi in cui il licenziamento sia dichiarato inefficace per violazione del requisito di motivazione di cui all’articolo 2, comma 2, della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni, della procedura di cui all’articolo 7 della presente legge, o della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni, si applica il regime di cui al quinto comma, ma con attribuzione al lavoratore di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, tra un minimo di sei e un massimo di dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, con onere di specifica motivazione a tale riguardo, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti che vi è anche un difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso applica, in luogo di quelle previste dal presente comma, le tutele di cui ai commi quarto, quinto o settimo.
Il giudice applica la medesima disciplina di cui al quarto comma del presente articolo nell’ipotesi in cui accerti il difetto di giustificazione del licenziamento intimato, anche ai sensi degli articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68, per motivo oggettivo consistente nell’inidoneità fisica o psichica del lavoratore, ovvero che il licenziamento è stato intimato in violazione dell’articolo 2110, secondo comma, del codice civile. Può altresì applicare la predetta disciplina nell’ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo; nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del predetto giustificato motivo, il giudice applica la disciplina di cui al quinto comma. In tale ultimo caso il giudice, ai fini della determinazione dell’indennità tra il minimo e il massimo previsti, tiene conto, oltre ai criteri di cui al quinto comma, delle iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione e del comportamento delle parti nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione le relative tutele previste dal presente articolo.
Le disposizioni dei commi dal quarto al settimo si applicano al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici lavoratori o più di cinque se si tratta di imprenditore agricolo, nonché al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che nell’ambito dello stesso comune occupa più di quindici dipendenti e all’impresa agricola che nel medesimo ambito territoriale occupa più di cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa più di sessanta dipendenti.
Ai fini del computo del numero dei dipendenti di cui all’ottavo comma si tiene conto dei lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato parziale per la quota di orario effettivamente svolto, tenendo conto, a tale proposito, che il computo delle unità lavorative fa riferimento all’orario previsto dalla contrattazione collettiva del settore. Non si computano il coniuge e i parenti del datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e in linea collaterale. Il computo dei limiti occupazionali di cui all’ottavo comma non incide su norme o istituti che prevedono agevolazioni finanziarie o creditizie.
Nell’ipotesi di revoca del licenziamento, purché effettuata entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell’impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal presente articolo»;
c) all’ultimo comma, le parole: «al quarto comma» sono sostituite dalle seguenti: «all’undicesimo comma».
43. All’articolo 30, comma 1, della legge 4 novembre 2010, n. 183, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «L’inosservanza delle disposizioni di cui al precedente periodo, in materia di limiti al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro, costituisce motivo di impugnazione per violazione di norme di diritto».
44. All’articolo 4, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223, al
secondo periodo, la parola: «Contestualmente» è sostituita dalle
seguenti: «Entro sette giorni dalla comunicazione dei recessi».
45. All’articolo 4, comma 12, della legge 23 luglio 1991, n. 223, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Gli eventuali vizi della comunicazione di cui al comma 2 del presente articolo possono essere sanati, ad ogni effetto di legge, nell’ambito di un accordo sindacale concluso nel corso della procedura di licenziamento collettivo».
46. All’articolo 5 della legge 23 luglio 1991, n. 223, il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Qualora il licenziamento sia intimato senza l’osservanza della
forma scritta, si applica il regime sanzionatorio di cui all’articolo
18, primo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive
modificazioni. In caso di violazione delle procedure richiamate
all’articolo 4, comma 12, si applica il regime di cui al terzo periodo
del settimo comma del predetto articolo 18. In caso di violazione dei
criteri di scelta previsti dal comma 1, si applica il regime di cui al
quarto comma del medesimo articolo 18. Ai fini dell’impugnazione del
licenziamento si applicano le disposizioni di cui all’articolo 6 della
legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni».
47. Le disposizioni dei commi da 48 a 68 si applicano alle controversie aventi ad oggetto l’impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi regolate dall’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro.
48. La domanda avente ad oggetto l’impugnativa del licenziamento di cui
al comma 47 si propone con ricorso al tribunale in funzione di giudice
del lavoro. Il ricorso deve avere i requisiti di cui all’articolo 125
del codice di procedura civile. Con il ricorso non possono essere
proposte domande diverse da quelle di cui al comma 47 del presente
articolo, salvo che siano fondate sugli identici fatti costitutivi. A
seguito della presentazione del ricorso il giudice fissa con decreto
l’udienza di comparizione delle parti. L’udienza deve essere fissata
non oltre quaranta giorni dal deposito del ricorso. Il giudice assegna
un termine per la notifica del ricorso e del decreto non inferiore a
venticinque giorni prima dell’udienza, nonché un termine, non inferiore
a cinque giorni prima della stessa udienza, per la costituzione del
resistente. La notificazione è a cura del ricorrente, anche a mezzo di
posta elettronica certificata. Qualora dalle parti siano prodotti
documenti, essi devono essere depositati presso la cancelleria in
duplice copia.
49. Il giudice, sentite le parti e omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili richiesti dalle parti o disposti d’ufficio, ai sensi dell’articolo 421 del codice di procedura civile, e provvede, con ordinanza immediatamente esecutiva, all’accoglimento o al rigetto della domanda.
50. L’efficacia esecutiva del provvedimento di cui al comma 49 non può essere sospesa o revocata fino alla pronuncia della sentenza con cui il giudice definisce il giudizio instaurato ai sensi dei commi da 51 a 57.
51. Contro 1’ordinanza di accoglimento o di rigetto di cui al comma 49 può essere proposta opposizione con ricorso contenente i requisiti di cui all’articolo 414 del codice di procedura civile, da depositare innanzi al tribunale che ha emesso il provvedimento opposto, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla notificazione dello stesso, o dalla comunicazione se anteriore. Con il ricorso non possono essere proposte domande diverse da quelle di cui al comma 47 del presente articolo, salvo che siano fondate sugli identici fatti costitutivi o siano svolte nei confronti di soggetti rispetto ai quali la causa è comune o dai quali si intende essere garantiti. Il giudice fissa con decreto l’udienza di discussione non oltre i successivi sessanta giorni, assegnando all’opposto termine per costituirsi fino a dieci giorni prima dell’udienza.
52. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato, anche a mezzo di posta elettronica certificata, dall’opponente all’opposto almeno trenta giorni prima della data fissata per la sua costituzione.
53. L’opposto deve costituirsi mediante deposito in cancelleria di memoria difensiva a norma e con le decadenze di cui all’articolo 416 del codice di procedura civile. Se l’opposto intende chiamare un terzo in causa deve, a pena di decadenza, farne dichiarazione nella memoria difensiva.
54. Nel caso di chiamata in causa a norma degli articoli 102, secondo comma, 106 e 107 del codice di procedura civile, il giudice fissa una nuova udienza entro i successivi sessanta giorni, e dispone che siano notificati al terzo, ad opera delle parti, il provvedimento nonché il ricorso introduttivo e l’atto di costituzione dell’opposto, osservati i termini di cui al comma 52.
55. Il terzo chiamato deve costituirsi non meno di dieci giorni prima dell’udienza fissata, depositando la propria memoria a norma del comma 53.
56. Quando la causa relativa alla domanda riconvenzionale non è fondata su fatti costitutivi identici a quelli posti a base della domanda principale il giudice ne dispone la separazione.
57. All’udienza, il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione ammissibili e rilevanti richiesti dalle parti nonché disposti d’ufficio, ai sensi dall’articolo 421 del codice di procedura civile, e provvede con sentenza all’accoglimento o al rigetto della domanda, dando, ove opportuno, termine alle parti per il deposito di note difensive fino a dieci giorni prima dell’udienza di discussione. La sentenza, completa di motivazione, deve essere depositata in cancelleria entro dieci giorni dall’udienza di discussione. La sentenza è provvisoriamente esecutiva e costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
58. Contro la sentenza che decide sul ricorso è ammesso reclamo davanti alla corte d’appello. Il reclamo si propone con ricorso da depositare, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla comunicazione, o dalla notificazione se anteriore.
59. Non sono ammessi nuovi mezzi di prova o documenti, salvo che il collegio, anche d’ufficio, li ritenga indispensabili ai fini della decisione ovvero la parte dimostri di non aver potuto proporli in primo grado per causa ad essa non imputabile.
60. La corte d’appello fissa con decreto l’udienza di discussione nei successivi sessanta giorni e si applicano i termini previsti dai commi 51, 52 e 53. Alla prima udienza, la corte può sospendere l’efficacia della sentenza reclamata se ricorrono gravi motivi. La corte d’appello, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione ammessi e provvede con sentenza all’accoglimento o al rigetto della domanda, dando, ove opportuno, termine alle parti per il deposito di note difensive fino a dieci giorni prima dell’udienza di discussione. La sentenza, completa di motivazione, deve essere depositata in cancelleria entro dieci giorni dall’udienza di discussione.
61. In mancanza di comunicazione o notificazione della sentenza si applica l’articolo 327 del codice di procedura civile.
62. Il ricorso per cassazione contro la sentenza deve essere proposto, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla comunicazione della stessa, o dalla notificazione se anteriore. La sospensione dell’efficacia della sentenza deve essere chiesta alla corte d’appello, che provvede a norma del comma 60.
63. La Corte fissa l’udienza di discussione non oltre sei mesi dalla proposizione del ricorso.
64. In mancanza di comunicazione o notificazione della sentenza si applica l’articolo 327 del codice di procedura civile.
65. Alla trattazione delle controversie regolate dai commi da 47 a 64 devono essere riservati particolari giorni nel calendario delle udienze.
66. I capi degli uffici giudiziari vigilano sull’osservanza della disposizione di cui al comma 65.
67. I commi da 47 a 66 si applicano alle controversie instaurate successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.
68. I capi degli uffici giudiziari vigilano sull’osservanza della disposizione di cui al comma 67.
69. Dall’attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 47 a 68 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ovvero minori entrate.
Art. 2.
(Ammortizzatori sociali)
1. A decorrere dal 1º gennaio 2013 e in relazione ai nuovi eventi di
disoccupazione verificatisi a decorrere dalla predetta data è
istituita, presso la Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori
dipendenti, di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88,
l’Assicurazione sociale per l’impiego (ASpI), con la funzione di
fornire ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria
occupazione un’indennità mensile di disoccupazione.
2. Sono compresi nell’ambito di applicazione dell’ASpI tutti i
lavoratori dipendenti, ivi compresi gli apprendisti e i soci lavoratori
di cooperativa che abbiano stabilito, con la propria adesione o
successivamente all’instaurazione del rapporto associativo, un rapporto
di lavoro in forma subordinata, ai sensi dell’articolo 1, comma 3,
della legge 3 aprile 2001, n. 142, e successive modificazioni, con
esclusione dei dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche
amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.
3. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano nei confronti degli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato, per i quali trovano applicazione le norme di cui all’articolo 7, comma 1, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, e successive modificazioni, all’articolo 25 della legge 8 agosto 1972, n. 457, all’articolo 7 della legge 16 febbraio 1977, n. 37, e all’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, e successive modificazioni.
4. L’indennità di cui al comma 1 è riconosciuta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che presentino i seguenti requisiti:
a) siano in stato di disoccupazione ai sensi dell’articolo 1, comma 2,
lettera c), del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e
successive modificazioni;
b) possano far valere almeno due anni di assicurazione e almeno un anno
di contribuzione nel biennio precedente l’inizio del periodo di
disoccupazione.
5. Sono esclusi dalla fruizione dell’indennità di cui al comma 1 i
lavoratori che siano cessati dal rapporto di lavoro per dimissioni o
per risoluzione consensuale del rapporto, fatti salvi i casi in cui
quest’ultima sia intervenuta nell’ambito della procedura di cui
all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal
comma 40 dell’articolo 1 della presente legge.
6. L’indennità di cui al comma 1 è rapportata alla retribuzione
imponibile ai fini previdenziali degli ultimi due anni, comprensiva
degli elementi continuativi e non continuativi e delle mensilità
aggiuntive, divisa per il numero di settimane di contribuzione e
moltiplicata per il numero 4,33.
7. L’indennità mensile è rapportata alla retribuzione mensile ed è pari al 75 per cento nei casi in cui la retribuzione mensile sia pari o inferiore nel 2013 all’importo di 1.180 euro mensili, annualmente rivalutato sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell’anno precedente; nei casi in cui la retribuzione mensile sia superiore al predetto importo l’indennità è pari al 75 per cento del predetto importo incrementata di una somma pari al 25 per cento del differenziale tra la retribuzione mensile e il predetto importo. L’indennità mensile non può in ogni caso superare l’importo mensile massimo di cui all’articolo unico, secondo comma, lettera b), della legge 13 agosto 1980, n. 427, e successive modificazioni.
8. All’indennità di cui al comma 1 non si applica il prelievo contributivo di cui all’articolo 26 della legge 28 febbraio 1986, n. 41.
9. All’indennità di cui al comma 1 si applica una riduzione del 15 per cento dopo i primi sei mesi di fruizione. L’indennità medesima, ove dovuta, è ulteriormente decurtata del 15 per cento dopo il dodicesimo mese di fruizione.
10. Per i periodi di fruizione dell’indennità sono riconosciuti i contributi figurativi nella misura settimanale pari alla media delle retribuzioni imponibili ai fini previdenziali di cui al comma 6 degli ultimi due anni. I contributi figurativi sono utili ai fini del diritto e della misura dei trattamenti pensionistici; essi non sono utili ai fini del conseguimento del diritto nei casi in cui la normativa richieda il computo della sola contribuzione effettivamente versata.
11. A decorrere dal 1º gennaio 2016 e in relazione ai nuovi eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dalla predetta data:
a) per i lavoratori di età inferiore a cinquantacinque anni,
l’indennità di cui al comma 1 viene corrisposta per un periodo massimo
di dodici mesi, detratti i periodi di indennità eventualmente fruiti
nel medesimo periodo, anche in relazione ai trattamenti brevi di cui al
comma 20 (mini-ASpI);
b) per i lavoratori di età pari o superiore ai cinquantacinque anni,
l’indennità è corrisposta per un periodo massimo di diciotto mesi, nei
limiti delle settimane di contribuzione negli ultimi due anni, detratti
i periodi di indennità eventualmente fruiti nel medesimo periodo ai
sensi del comma 4 ovvero del comma 20 del presente articolo.
12. L’indennità di cui al comma 1 spetta dall’ottavo giorno successivo
alla data di cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro ovvero dal
giorno successivo a quello in cui sia stata presentata la domanda.
13. Per fruire dell’indennità i lavoratori aventi diritto devono, a
pena di decadenza, presentare apposita domanda, esclusivamente in via
telematica, all’INPS, entro il termine di due mesi dalla data di
spettanza del trattamento.
14. La fruizione dell’indennità è condizionata alla permanenza dello stato di disoccupazione di cui all’articolo 1, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni.
15. In caso di nuova occupazione del soggetto assicurato con contratto di lavoro subordinato, l’indennità di cui al comma 1 è sospesa d’ufficio, sulla base delle comunicazioni obbligatorie di cui all’articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 1º ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, e successive modificazioni, fino ad un massimo di sei mesi; al termine di un periodo di sospensione di durata inferiore a sei mesi l’indennità riprende a decorrere dal momento in cui era rimasta sospesa.
16. Nei casi di sospensione, i periodi di contribuzione legati al nuovo rapporto di lavoro possono essere fatti valere ai fini di un nuovo trattamento nell’ambito dell’ASpI o della mini-ASpI di cui al comma 20.
17. In caso di svolgimento di attività lavorativa in forma autonoma, dalla quale derivi un reddito inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione, il soggetto beneficiario deve informare l’INPS entro un mese dall’inizio dell’attività, dichiarando il reddito annuo che prevede di trarre da tale attività. Il predetto Istituto provvede, qualora il reddito da lavoro autonomo sia inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione, a ridurre il pagamento dell’indennità di un importo pari all’80 per cento dei proventi preventivati, rapportati al tempo intercorrente tra la data di inizio dell’attività e la data di fine dell’indennità o, se antecedente, la fine dell’anno. La riduzione di cui al periodo precedente è conguagliata d’ufficio al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi; nei casi di esenzione dall’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi, è richiesta al beneficiario un’apposita autodichiarazione concernente i proventi ricavati dall’attività autonoma.
18. Nei casi di cui al comma 17, la contribuzione relativa all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti versata in relazione all’attività di lavoro autonomo non dà luogo ad accrediti contributivi ed è riversata alla Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88.
19. In via sperimentale per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015 il lavoratore avente diritto alla corresponsione dell’indennità di cui al comma 1 può richiedere la liquidazione degli importi del relativo trattamento pari al numero di mensilità non ancora percepite, al fine di intraprendere un’attività di lavoro autonomo, ovvero per avviare un’attività in forma di auto impresa o di micro impresa, o per associarsi in cooperativa. Tale possibilità è riconosciuta nel limite massimo di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di natura non regolamentare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono determinati limiti, condizioni e modalità per l’attuazione delle disposizioni di cui al presente comma.
20. A decorrere dal 1º gennaio 2013, ai soggetti di cui al comma 2 che possano far valere almeno tredici settimane di contribuzione di attività lavorativa negli ultimi dodici mesi, per la quale siano stati versati o siano dovuti i contributi per l’assicurazione obbligatoria, è liquidata un’indennità di importo pari a quanto definito nei commi da 6 a 10, denominata mini-ASpI.
21. L’indennità di cui al comma 20 è corrisposta mensilmente per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione nell’ultimo anno, detratti i periodi di indennità eventualmente fruiti nel periodo.
22. All’indennità di cui al comma 20 si applicano le disposizioni di cui ai commi 3, 4, lettera a), 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18 e 19.
23. In caso di nuova occupazione del soggetto assicurato con contratto di lavoro subordinato, l’indennità è sospesa d’ufficio sulla base delle comunicazioni obbligatorie di cui all’articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 1º ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, e successive modificazioni, fino ad un massimo di cinque giorni; al termine del periodo di sospensione l’indennità riprende a decorrere dal momento in cui era rimasta sospesa.
24. Le prestazioni di cui all’articolo 7, comma 3, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, si considerano assorbite, con riferimento ai periodi lavorativi dell’anno 2012, nelle prestazioni della mini-ASpI liquidate a decorrere dal 1º gennaio 2013.
25. Con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1º gennaio 2013, al finanziamento delle indennità di cui ai commi da 1 a 24 concorrono i contributi di cui agli articoli 12, sesto comma, e 28, primo comma, della legge 3 giugno 1975, n. 160.
26. Continuano a trovare applicazione, in relazione ai contributi di cui al comma 25, le eventuali riduzioni di cui all’articolo 120 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e all’articolo 1, comma 361, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, nonché le misure compensative di cui all’articolo 8 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e successive modificazioni.
27. Per i lavoratori per i quali i contributi di cui al comma 25 non trovavano applicazione, e in particolare per i soci lavoratori delle cooperative di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 602, il contributo è decurtato della quota di riduzione di cui all’articolo 120 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e all’articolo 1, comma 361, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, che non sia stata ancora applicata a causa della mancata capienza delle aliquote vigenti alla data di entrata in vigore delle citate leggi n. 388 del 2000 e n. 266 del 2005. Qualora per i lavoratori di cui al periodo precedente le suddette quote di riduzione risultino già applicate, si potrà procedere, subordinatamente all’adozione annuale del decreto di cui all’ultimo periodo del presente comma in assenza del quale le disposizioni transitorie di cui al presente e al successivo periodo non trovano applicazione, ad un allineamento graduale alla nuova aliquota ASpI, come definita dai commi 1 e seguenti, con incrementi annui pari allo 0,26 per cento per gli anni 2013, 2014, 2015, 2016 e pari allo 0,27 per cento per l’anno 2017. Contestualmente, con incrementi pari allo 0,06 per cento annuo si procederà all’allineamento graduale all’aliquota del contributo destinato al finanziamento dei Fondi interprofessionali per la formazione continua ai sensi dell’articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845. A decorrere dall’anno 2013 e fino al pieno allineamento alla nuova aliquota ASpI, le prestazioni di cui ai commi da 6 a 10 e da 20 a 24 vengono annualmente rideterminate, in funzione dell’aliquota effettiva di contribuzione, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro il 31 dicembre di ogni anno precedente l’anno di riferimento, tenendo presente, in via previsionale, l’andamento congiunturale del relativo settore con riferimento al ricorso agli istituti di cui ai citati commi da 6 a 10 e da 20 a 24 e garantendo in ogni caso una riduzione della commisurazione delle prestazioni alla retribuzione proporzionalmente non inferiore alla riduzione dell’aliquota contributiva per l’anno di riferimento rispetto al livello a regime.
28. Con effetto sui periodi contributivi di cui al comma 25, ai rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato si applica un contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all’1,4 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali.
29. Il contributo addizionale di cui al comma 28 non si applica:
a) ai lavoratori assunti a termine in sostituzione di lavoratori assenti;
b) ai lavoratori assunti a termine per lo svolgimento delle attività
stagionali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre
1963, n. 1525, nonché, per i periodi contributivi maturati dal 1º
gennaio 2013 al 31 dicembre 2015, di quelle definite dagli avvisi
comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati entro il 31
dicembre 2011 dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di
lavoro comparativamente più rappresentative. Alle minori entrate
derivanti dall’attuazione della presente disposizione, valutate in 7
milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015, si provvede
mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui
all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201,
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;
c) agli apprendisti;
d) ai lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.
30. Nei limiti delle ultime sei mensilità il contributo addizionale di
cui al comma 28 è restituito, successivamente al decorso del periodo di
prova, al datore di lavoro in caso di trasformazione del contratto a
tempo indeterminato. La restituzione avviene anche qualora il datore di
lavoro assuma il lavoratore con contratto di lavoro a tempo
indeterminato entro il termine di sei mesi dalla cessazione del
precedente contratto a termine. In tale ultimo caso, la restituzione
avviene detraendo dalle mensilità spettanti un numero di mensilità
ragguagliato al periodo trascorso dalla cessazione del precedente
rapporto di lavoro a termine.
31. In tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato per causa diversa dalle dimissioni, intervenuti a
decorrere dal 1º gennaio 2013, è dovuta, a carico del datore di lavoro,
una somma pari al 50 per cento del trattamento mensile iniziale di ASpI
per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni. Nel
computo dell’anzianità aziendale sono compresi i periodi di lavoro con
contratto diverso da quello a tempo determinato, se il rapporto è
proseguito senza soluzione di continuità o se comunque si è dato luogo
alla restituzione di cui al comma 30.
32. Il contributo di cui al comma 31 è dovuto anche per le interruzioni dei rapporti di apprendistato diverse dalle dimissioni o dal recesso del lavoratore, ivi incluso il recesso del datore di lavoro ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera m), del testo unico dell’apprendistato, di cui al decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167.
33. Il contributo di cui al comma 31 non è dovuto, fino al 31 dicembre 2016, nei casi in cui sia dovuto il contributo di cui all’articolo 5, comma 4, della legge 23 luglio 1991, n. 223.
34. Per il periodo 2013-2015, il contributo di cui al comma 31 non è dovuto nei seguenti casi: a) licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in attuazione di clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale; b) interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere. Alle minori entrate derivanti dal presente comma, valutate in 12 milioni di euro per l’anno 2013 e in 38 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
35. A decorrere dal 1º gennaio 2017, nei casi di licenziamento collettivo in cui la dichiarazione di eccedenza del personale di cui all’articolo 4, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223, non abbia formato oggetto di accordo sindacale, il contributo di cui al comma 31 del presente articolo è moltiplicato per tre volte.
36. A decorrere dal 1º gennaio 2013 all’articolo 2, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:
«e-bis) assicurazione sociale per l’impiego in relazione alla quale, in
via aggiuntiva a quanto previsto in relazione al regime contributivo
per le assicurazioni di cui alle precedenti lettere ai sensi della
disciplina di cui all’articolo 1, comma 773, della legge 27 dicembre
2006, n. 296, con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere
dal 1º gennaio 2013 è dovuta dai datori di lavoro per gli apprendisti
artigiani e non artigiani una contribuzione pari all’1,31 per cento
della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Resta fermo che
con riferimento a tale contribuzione non operano le disposizioni di cui
all’articolo 22, comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 183».
37. L’aliquota contributiva di cui al comma 36, di finanziamento dell’ASpI, non ha effetto nei confronti delle disposizioni agevolative che rimandano, per l’identificazione dell’aliquota applicabile, alla contribuzione nella misura prevista per gli apprendisti.
38. All’articolo 1, comma 1, del decreto del Presidente della
Repubblica 30 aprile 1970, n. 602, dopo le parole: «provvidenze della
gestione case per lavoratori» sono aggiunte le seguenti: «;
Assicurazione sociale per l’impiego».
39. A decorrere dal 1º gennaio 2013 l’aliquota contributiva di cui all’articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, è ridotta al 2,6 per cento.
40. Si decade dalla fruizione delle indennità di cui al presente articolo nei seguenti casi:
a) perdita dello stato di disoccupazione;
b) inizio di un’attività in forma autonoma senza che il lavoratore effettui la comunicazione di cui al comma 17;
c) raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato;
d) acquisizione del diritto all’assegno ordinario di invalidità, sempre che il lavoratore non opti per l’indennità erogata dall’ASpI.
41. La decadenza si realizza dal momento in cui si verifica l’evento
che la determina, con obbligo di restituire l’indennità che
eventualmente si sia continuato a percepire.
42. All’articolo 46, comma 1, della legge 9 marzo 1989, n. 88, dopo la lettera d) è inserita la seguente:
«d-bis) le prestazioni dell’Assicurazione sociale per l’impiego».
43. Ai contributi di cui ai commi da 25 a 39 si applica la disposizione di cui all’articolo 26, comma 1, lettera e), della legge 9 marzo 1989, n. 88.
44. In relazione ai casi di cessazione dalla precedente occupazione
intervenuti fino al 31 dicembre 2012, si applicano le disposizioni in
materia di indennità di disoccupazione ordinaria non agricola di cui
all’articolo 19 del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 1939, n. 1272, e
successive modificazioni.
45. La durata massima legale, in relazione ai nuovi eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dal 1º gennaio 2013 e fino al 3l dicembre 2015, è disciplinata nei seguenti termini:
a) per le prestazioni relative agli eventi intercorsi nell’anno 2013:
otto mesi per i soggetti con età anagrafica inferiore a cinquanta anni
e dodici mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a
cinquanta anni;
b) per le prestazioni relative agli eventi intercorsi nell’anno 2014:
otto mesi per i soggetti con età anagrafica inferiore a cinquanta anni,
dodici mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a
cinquanta anni e inferiore a cinquantacinque anni, quattordici mesi per
i soggetti con età anagrafica pari o superiore a cinquantacinque anni,
nei limiti delle settimane di contribuzione negli ultimi due anni;
c) per le prestazioni relative agli eventi intercorsi nell’anno 2015: dieci mesi per i soggetti con età anagrafica inferiore a cinquanta anni, dodici mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a cinquanta anni e inferiore a cinquantacinque anni, sedici mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a cinquantacinque anni, nei limiti delle settimane di contribuzione negli ultimi due anni.
46. Per i lavoratori collocati in mobilità a decorrere dal 1º gennaio
2013 e fino al 31 dicembre 2016 ai sensi dell’articolo 7 della legge 23
luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, il periodo massimo di
diritto della relativa indennità di cui all’articolo 7, commi 1 e 2,
della legge 23 luglio 1991, n. 223, è ridefinito nei seguenti termini:
a) lavoratori collocati in mobilità nel periodo dal 1º gennaio 2013 al 31 dicembre 2013:
1) lavoratori di cui all’articolo 7, comma 1: dodici mesi, elevato a ventiquattro per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a trentasei per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni;
2) lavoratori di cui all’articolo 7, comma 2: ventiquattro mesi,
elevato a trentasei per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni
e a quarantotto per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni;
b) lavoratori collocati in mobilità nel periodo dal 1º gennaio 2014 al 31 dicembre 2014:
1) lavoratori di cui all’articolo 7, comma 1: dodici mesi, elevato a ventiquattro per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a trenta per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni;
2) lavoratori di cui all’articolo 7, comma 2: diciotto mesi, elevato a
trenta per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a
quarantadue per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni;
c) lavoratori collocati in mobilità nel periodo dal 1º gennaio 2015 al 31 dicembre 2015:
1) lavoratori di cui all’articolo 7, comma 1: dodici mesi, elevato a diciotto per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a ventiquattro per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni;
2) lavoratori di cui all’articolo 7, comma 2: dodici mesi, elevato a
ventiquattro per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a
trentasei per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni;
d) lavoratori collocati in mobilità nel periodo dal 1º gennaio 2016 al 31 dicembre 2016:
1) lavoratori di cui all’articolo 7, comma 1: dodici mesi, elevato a diciotto per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni;
2) lavoratori di cui all’articolo 7, comma 2: dodici mesi, elevato a
diciotto per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a
ventiquattro per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni.
47. A decorrere dal 1º gennaio 2016 le maggiori somme derivanti
dall’incremento dell’addizionale di cui all’articolo 6-quater, comma 2,
del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni,
dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, come modificato dal comma 48 del
presente articolo, sono riversate alla gestione degli interventi
assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali dell’INPS, di
cui all’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, e successive
modificazioni.
48. All’articolo 6-quater del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7,
convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2, dopo le parole: «è destinato» sono inserite le seguenti: «fino al 31 dicembre 2015»;
b) dopo il comma 3 sono aggiunti i seguenti:
«3-bis. La riscossione dell’incremento dell’addizionale comunale di cui
al comma 2 avviene a cura dei gestori di servizi aeroportuali, con le
modalità in uso per la riscossione dei diritti di imbarco. Il
versamento da parte delle compagnie aeree avviene entro tre mesi dalla
fine del mese in cui sorge l’obbligo.
3-ter. Le somme riscosse sono comunicate mensilmente all’INPS da parte
dei gestori di servizi aeroportuali con le modalità stabilite
dall’Istituto e riversate allo stesso Istituto, entro la fine del mese
successivo a quello di riscossione, secondo le modalità previste dagli
articoli 17 e seguenti del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
Alle somme di cui al predetto comma 2 si applicano le disposizioni
sanzionatorie e di riscossione previste dall’articolo 116, comma 8,
lettera a), della legge 23 dicembre 2000, n. 388, per i contributi
previdenziali obbligatori.
3-quater. La comunicazione di cui al comma 3-ter costituisce accertamento del credito e dà titolo, in caso di mancato versamento, ad attivare la riscossione coattiva, secondo le modalità previste dall’articolo 30 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni».
49. I soggetti tenuti alla riscossione di cui all’articolo 6-quater,
comma 2, del decreto-legge n. 7 del 2005, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 43 del 2005, come modificato dal comma 48
del presente articolo, trattengono, a titolo di ristoro per le spese di
riscossione e comunicazione, una somma pari allo 0,25 per cento del
gettito totale. In caso di inadempienza rispetto agli obblighi di
comunicazione si applica una sanzione amministrativa da euro 2.000 ad
euro 12.000. L’INPS provvede all’accertamento delle inadempienze e
all’irrogazione delle conseguenti sanzioni. Si applicano, in quanto
compatibili, le disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689.
50. All’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:
«h-quinquies) alle somme che i soggetti tenuti alla riscossione
dell’incremento all’addizionale comunale debbono riversare all’INPS, ai
sensi dell’articolo 6-quater del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7,
convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, e
successive modificazioni».
51. A decorrere dall’anno 2013, nei limiti delle risorse di cui al comma 1 dell’articolo 19 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive modificazioni, è riconosciuta un’indennità ai collaboratori coordinati e continuativi di cui all’articolo 61, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata presso l’INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, con esclusione dei soggetti individuati dall’articolo 1, comma 212, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, i quali soddisfino in via congiunta le seguenti condizioni:
a) abbiano operato, nel corso dell’anno precedente, in regime di monocommittenza;
b) abbiano conseguito l’anno precedente un reddito lordo complessivo
soggetto a imposizione fiscale non superiore al limite di 20.000 euro,
annualmente rivalutato sulla base della variazione dell’indice ISTAT
dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati intervenuta
nell’anno precedente;
c) con riguardo all’anno di riferimento sia accreditato, presso la predetta Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, un numero di mensilità non inferiore a uno;
d) abbiano avuto un periodo di disoccupazione ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni, ininterrotto di almeno due mesi nell’anno precedente;
e) risultino accreditate nell’anno precedente almeno quattro mensilità presso la predetta Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995.
52. L’indennità è pari a un importo del 5 per cento del minimale annuo
di reddito di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990,
n. 233, moltiplicato per il minor numero tra le mensilità accreditate
l’anno precedente e quelle non coperte da contribuzione.
53. L’importo di cui al comma 52 è liquidato in un’unica soluzione se
pari o inferiore a 1.000 euro, ovvero in importi mensili pari o
inferiori a 1.000 euro se superiore.
54. Restano fermi i requisiti di accesso e la misura del trattamento vigenti alla data del 31 dicembre 2012 per coloro che hanno maturato il diritto entro tale data ai sensi dell’articolo 19, comma 2, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive modificazioni.
55. A decorrere dal 1º gennaio 2013 le lettere a), b) e c) del comma 1 dell’articolo 19 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, sono abrogate.
56. In via transitoria per gli anni 2013, 2014 e 2015: a) il requisito di cui alla lettera e) del comma 51, relativo alle mensilità accreditate, è ridotto da quattro a tre mesi; b) l’importo dell’indennità di cui al comma 52 è elevato dal 5 per cento al 7 per cento del minimale annuo; c) le risorse di cui al comma 51 sono integrate nella misura di 60 milioni di euro per ciascuno dei predetti anni e al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Nel corso del periodo transitorio, in sede di monitoraggio effettuato ai sensi dell’articolo 1, comma 2 della presente legge, con particolare riferimento alle misure recate dai commi 23 e seguenti del medesimo articolo 1, si provvede a verificare la rispondenza dell’indennità di cui al comma 51 alle finalità di tutela, considerate le caratteristiche della tipologia contrattuale, allo scopo di verificare se la portata effettiva dell’onere corrisponde alle previsioni iniziali e anche al fine di valutare, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, eventuali correzioni della misura stessa, quali la sua sostituzione con tipologie di intervento previste dal comma 20 del presente articolo.
57. All’articolo 1, comma 79, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, al primo periodo, le parole: «e in misura pari al 26 per cento a decorrere dall’anno 2010» sono sostituite dalle seguenti: «, in misura pari al 26 per cento per gli anni 2010 e 2011, in misura pari al 27 per cento per l’anno 2012, al 28 per cento per l’anno 2013, al 29 per cento per l’anno 2014, al 30 per cento per l’anno 2015, al 31 per cento per l’anno 2016, al 32 per cento per l’anno 2017 e al 33 per cento a decorrere dall’anno 2018» e, al secondo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «per gli anni 2008-2011, al 18 per cento per l’anno 2012, al 19 per cento per l’anno 2013, al 20 per cento per l’anno 2014, al 21 per cento per l’anno 2015, al 22 per cento per l’anno 2016, al 23 per cento per l’anno 2017 e al 24 per cento a decorrere dall’anno 2018».
58. Con la sentenza di condanna per i reati di cui agli articoli 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter e 422 del codice penale, nonché per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, il giudice dispone la sanzione accessoria della revoca delle seguenti prestazioni, comunque denominate in base alla legislazione vigente, di cui il condannato sia eventualmente titolare: indennità di disoccupazione, assegno sociale, pensione sociale e pensione per gli invalidi civili. Con la medesima sentenza il giudice dispone anche la revoca dei trattamenti previdenziali a carico degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza, ovvero di forme sostitutive, esclusive ed esonerative delle stesse, erogati al condannato, nel caso in cui accerti, o sia stato già accertato con sentenza in altro procedimento giurisdizionale, che questi abbiano origine, in tutto o in parte, da un rapporto di lavoro fittizio a copertura di attività illecite connesse a taluno dei reati di cui al primo periodo.
59. I condannati ai quali sia stata applicata la sanzione accessoria di cui al comma 58, primo periodo, possono beneficiare, una volta che la pena sia stata completamente eseguita e previa presentazione di apposita domanda, delle prestazioni previste dalla normativa vigente in materia, nel caso in cui ne ricorrano i presupposti.
60. I provvedimenti adottati ai sensi del comma 58 sono comunicati, entro quindici giorni dalla data di adozione dei medesimi, all’ente titolare dei rapporti previdenziali e assistenziali facenti capo al soggetto condannato, ai fini della loro immediata esecuzione.
61. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della giustizia, d’intesa con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, trasmette agli enti titolari dei relativi rapporti l’elenco dei soggetti già condannati con sentenza passata in giudicato per i reati di cui al comma 58, ai fini della revoca, con effetto non retroattivo, delle prestazioni di cui al medesimo comma 58, primo periodo.
62. Quando esercita l’azione penale, il pubblico ministero, qualora nel corso delle indagini abbia acquisito elementi utili per ritenere irregolarmente percepita una prestazione di natura assistenziale o previdenziale, informa l’amministrazione competente per i conseguenti accertamenti e provvedimenti.
63. Le risorse derivanti dai provvedimenti di revoca di cui ai commi da 58 a 62 sono versate annualmente dagli enti interessati all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate ai capitoli di spesa corrispondenti al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura, di cui all’articolo 2, comma 6-sexies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, e agli interventi in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, di cui alla legge 3 agosto 2004, n. 206.
64. Al fine di garantire la graduale transizione verso il regime delineato dalla riforma degli ammortizzatori sociali di cui alla presente legge, assicurando la gestione delle situazioni derivanti dal perdurare dello stato di debolezza dei livelli produttivi del Paese, per gli anni 2013-2016 il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, può disporre, sulla base di specifici accordi governativi e per periodi non superiori a dodici mesi, in deroga alla normativa vigente, la concessione, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di integrazione salariale e di mobilità, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree regionali, nei limiti delle risorse finanziarie a tal fine destinate nell’ambito del Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, come rifinanziato dal comma 65 del presente articolo.
65. L’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, confluita nel Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, è incrementata di euro 1.000 milioni per ciascuno degli anni 2013 e 2014, di euro 700 milioni per l’anno 2015 e di euro 400 milioni per l’anno 2016.
66. Nell’ambito delle risorse finanziarie destinate alla concessione, in deroga alla normativa vigente, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di integrazione salariale e di mobilità, i trattamenti concessi ai sensi dell’articolo 33, comma 21, della legge 12 novembre 2011, n. 183, nonché ai sensi del comma 64 del presente articolo possono essere prorogati, sulla base di specifici accordi governativi e per periodi non superiori a dodici mesi, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. La misura dei trattamenti di cui al periodo precedente è ridotta del 10 per cento nel caso di prima proroga, del 30 per cento nel caso di seconda proroga e del 40 per cento nel caso di proroghe successive. I trattamenti di sostegno del reddito, nel caso di proroghe successive alla seconda, possono essere erogati esclusivamente nel caso di frequenza di specifici programmi di reimpiego, anche miranti alla riqualificazione professionale. Bimestralmente il Ministero del lavoro e delle politiche sociali invia al Ministero dell’economia e delle finanze una relazione sull’andamento degli impegni delle risorse destinate agli ammortizzatori in deroga.
67. Al fine di garantire criteri omogenei di accesso a tutte le forme di integrazione del reddito, si applicano anche ai lavoratori destinatari dei trattamenti di integrazione salariale in deroga e di mobilità in deroga, rispettivamente, le disposizioni di cui all’articolo 8, comma 3, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, e di cui all’articolo 16, comma 1, della legge 23 luglio 1991, n. 223.
68. Con effetto dal 1º gennaio 2013 le aliquote contributive pensionistiche di finanziamento e di computo di cui alle tabelle B e C dell’allegato 1 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, si applicano ai lavoratori iscritti alla gestione autonoma coltivatori diretti, mezzadri e coloni dell’INPS che non fossero già interessati dalla predetta disposizione incrementale. Le aliquote di finanziamento sono comprensive del contributo addizionale del 2 per cento previsto dall’articolo 12, comma 4, della legge 2 agosto 1990, n. 233.
69. A decorrere dal 1º gennaio 2013, sono abrogate le seguenti disposizioni:
a) articolo 19, commi 1-bis, 1-ter, 2 e 2-bis, del decreto-legge 29
novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28
gennaio 2009, n. 2;
b) articolo 7, comma 3, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86,
convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160;
c) articolo 40 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 aprile 1936, n. 1155.
70. A decorrere dal 1º gennaio 2016, l’articolo 3 della legge 23 luglio 1991, n. 223, è abrogato.
71. A decorrere dal 1º gennaio 2017, sono abrogate le seguenti disposizioni:
a) articolo 5, commi 4, 5 e 6, della legge 23 luglio 1991, n. 223;
b) articoli da 6 a 9 della legge 23 luglio 1991, n. 223;
c) articolo 10, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223;
d) articolo 16, commi da 1 a 3, della legge 23 luglio 1991, n. 223;
e) articolo 25, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223;
f) articolo 3, commi 3 e 4, del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451;
g) articoli da 9 a 19 della legge 6 agosto 1975, n. 427.
72. All’articolo 4 della legge 23 luglio 1991, n. 223, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole: «le procedure di mobilità» sono sostituite dalle seguenti: «la procedura di licenziamento collettivo»;
b) al comma 3, le parole: «la dichiarazione di mobilità» sono
sostituite dalle seguenti: «il licenziamento collettivo» e le parole:
«programma di mobilità» sono sostituite dalle seguenti: «programma di
riduzione del personale»;
c) al comma 8, le parole: «dalla procedura di mobilità» sono sostituite dalle seguenti: «dalle procedure di licenziamento collettivo»;
d) al comma 9, le parole: «collocare in mobilità» sono sostituite dalla seguente: «licenziare» e le parole: «collocati in mobilità» sono sostituite dalla seguente: «licenziati»;
e) al comma 10, le parole: «collocare in mobilità» sono sostituite dalla seguente: «licenziare» e le parole: «posti in mobilità» sono sostituite dalla seguente: «licenziati».
73. All’articolo 5, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, le
parole: «collocare in mobilità» sono sostituite dalla seguente:
«licenziare».
Art. 3.
(Tutele in costanza di rapporto di lavoro)
1. All’articolo 12 della legge 23 luglio 1991, n. 223, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
«3-bis. A decorrere dal 1º gennaio 2013 le disposizioni in materia di
trattamento straordinario di integrazione salariale e i relativi
obblighi contributivi sono estesi alle seguenti imprese:
a) imprese esercenti attività commerciali con più di cinquanta dipendenti;
b) agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, con più di cinquanta dipendenti;
c) imprese di vigilanza con più di quindici dipendenti;
d) imprese del trasporto aereo a prescindere dal numero di dipendenti;
e) imprese del sistema aeroportuale a prescindere dal numero di dipendenti».
2. A decorrere dal 1º gennaio 2013 ai lavoratori addetti alle
prestazioni di lavoro temporaneo occupati con contratto di lavoro a
tempo indeterminato nelle imprese e agenzie di cui all’articolo 17,
commi 2 e 5, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e successive
modificazioni, e ai lavoratori dipendenti dalle società derivate dalla
trasformazione delle compagnie portuali ai sensi dell’articolo 21,
comma 1, lettera b), della medesima legge n. 84 del 1994, è
riconosciuta un’indennità di importo pari a un ventiseiesimo del
trattamento massimo mensile di integrazione salariale straordinaria,
comprensiva della relativa contribuzione figurativa e degli assegni per
il nucleo familiare, per ogni giornata di mancato avviamento al lavoro,
nonché per le giornate di mancato avviamento al lavoro che coincidano,
in base al programma, con le giornate definite festive, durante le
quali il lavoratore sia risultato disponibile. L’indennità è
riconosciuta per un numero di giornate di mancato avviamento al lavoro
pari alla differenza tra il numero massimo di ventisei giornate mensili
erogabili e il numero delle giornate effettivamente lavorate in ciascun
mese, incrementato del numero delle giornate di ferie, malattia,
infortunio, permesso e indisponibilità. L’erogazione dei trattamenti di
cui al presente comma da parte dell’INPS è subordinata all’acquisizione
degli elenchi recanti il numero, distinto per ciascuna impresa o
agenzia, delle giornate di mancato avviamento al lavoro, predisposti
dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in base agli
accertamenti effettuati in sede locale dalle competenti autorità
portuali o, laddove non istituite, dalle autorità marittime.
3. Alle imprese e agenzie di cui all’articolo 17, commi 2 e 5, della
legge 28 gennaio 1994, n. 84, e successive modificazioni, e alle
società derivate dalla trasformazione delle compagnie portuali ai sensi
dell’articolo 21, comma 1, lettera b), della medesima legge n. 84 del
1994, nonché ai relativi lavoratori, è esteso l’obbligo contributivo di
cui all’articolo 9 della legge 29 dicembre 1990, n. 407.
4. Al fine di assicurare la definizione, entro l’anno 2013, di un sistema inteso ad assicurare adeguate forme di sostegno per i lavoratori dei diversi comparti, le organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale stipulano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, accordi collettivi e contratti collettivi, anche intersettoriali, aventi ad oggetto la costituzione di fondi di solidarietà bilaterali per i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale, con la finalità di assicurare ai lavoratori una tutela in costanza di rapporto di lavoro nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per cause previste dalla normativa in materia di integrazione salariale ordinaria o straordinaria.
5. Entro i successivi tre mesi, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, si provvede all’istituzione presso l’INPS dei fondi cui al comma 4.
6. Con le medesime modalità di cui ai commi 4 e 5 possono essere apportate modifiche agli atti istitutivi di ciascun fondo. Le modifiche aventi ad oggetto la disciplina delle prestazioni o la misura delle aliquote sono adottate con decreto direttoriale dei Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dell’economia e delle finanze, sulla base di una proposta del comitato amministratore di cui al comma 35.
7. I decreti di cui al comma 5 determinano, sulla base degli accordi, l’ambito di applicazione dei fondi di cui al comma 4, con riferimento al settore di attività, alla natura giuridica dei datori di lavoro ed alla classe di ampiezza dei datori di lavoro. Il superamento dell’eventuale soglia dimensionale fissata per la partecipazione al fondo si verifica mensilmente con riferimento alla media del semestre precedente.
8. I fondi di cui al comma 4 non hanno personalità giuridica e costituiscono gestioni dell’INPS.
9. Gli oneri di amministrazione di ciascun fondo di cui al comma 4 sono
determinati secondo i criteri definiti dal regolamento di contabilità
dell’INPS.
10. L’istituzione dei fondi di cui al comma 4 è obbligatoria per tutti
i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione
salariale in relazione alle imprese che occupano mediamente più di
quindici dipendenti. Le prestazioni e i relativi obblighi contributivi
non si applicano al personale dirigente se non espressamente previsto.
11. I fondi di cui al comma 4, oltre alla finalità di cui al medesimo comma, possono avere le seguenti finalità:
a) assicurare ai lavoratori una tutela in caso di cessazione dal
rapporto di lavoro, integrativa rispetto all’assicurazione sociale per
l’impiego;
b) prevedere assegni straordinari per il sostegno al reddito,
riconosciuti nel quadro dei processi di agevolazione all’esodo, a
lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di
vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni;
c) contribuire al finanziamento di programmi formativi di riconversione
o riqualificazione professionale, anche in concorso con gli appositi
fondi nazionali o dell’Unione europea.
12. Per le finalità di cui al comma 11, i fondi di cui al comma 4
possono essere istituiti, con le medesime modalità di cui al comma 4,
anche in relazione a settori e classi di ampiezza già coperti dalla
normativa in materia di integrazioni salariali. Per le imprese nei
confronti delle quali trovano applicazione gli articoli 4 e seguenti
della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, in
materia di indennità di mobilità, gli accordi e contratti collettivi
con le modalità di cui al comma 4 possono prevedere che il fondo di
solidarietà sia finanziato, a decorrere dal 1º gennaio 2017, con
un’aliquota contributiva nella misura dello 0,30 per cento delle
retribuzioni imponibili ai fini previdenziali.
13. Gli accordi ed i contratti di cui al comma 4 possono prevedere che
nel fondo di cui al medesimo comma confluisca anche l’eventuale fondo
interprofessionale istituito dalle medesime parti firmatarie ai sensi
dell’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive
modificazioni. In tal caso, al fondo affluisce anche il gettito del
contributo integrativo stabilito dall’articolo 25, quarto comma, della
legge 21 dicembre 1978, n. 845, e successive modificazioni, con
riferimento ai datori di lavoro cui si applica il fondo e le
prestazioni derivanti dall’attuazione del primo periodo del presente
comma sono riconosciute nel limite di tale gettito.
14. In alternativa al modello previsto dai commi da 4 a 13 e dalle
relative disposizioni attuative di cui ai commi 22 e seguenti, in
riferimento ai settori di cui al comma 4 nei quali siano operanti, alla
data di entrata in vigore della presente legge, consolidati sistemi di
bilateralità e in considerazione delle peculiari esigenze dei predetti
settori, quale quello dell’artigianato, le organizzazioni sindacali e
imprenditoriali di cui al citato comma 4 possono, nel termine di sei
mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, adeguare le
fonti istitutive dei rispettivi fondi bilaterali alle finalità
perseguite dai commi da 4 a 13, prevedendo misure intese ad assicurare
ai lavoratori una tutela reddituale in costanza di rapporto di lavoro,
in caso di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa, correlate
alle caratteristiche delle attività produttive interessate.
15. Per le finalità di cui al comma 14, gli accordi e i contratti collettivi definiscono:
a) un’aliquota complessiva di contribuzione ordinaria di finanziamento non inferiore allo 0,20 per cento;
b) le tipologie di prestazioni in funzione delle disponibilità del fondo di solidarietà bilaterale;
c) l’adeguamento dell’aliquota in funzione dell’andamento della
gestione ovvero la rideterminazione delle prestazioni in relazione alle
erogazioni, tra l’altro tenendo presente in via previsionale gli
andamenti del relativo settore in relazione anche a quello più generale
dell’economia e l’esigenza dell’equilibrio finanziario del fondo
medesimo;
d) la possibilità di far confluire al fondo di solidarietà quota parte
del contributo previsto per l’eventuale fondo interprofessionale di cui
al comma 13;
e) criteri e requisiti per la gestione dei fondi.
16. In considerazione delle finalità perseguite dai fondi di cui al
comma 14, volti a realizzare ovvero integrare il sistema, in chiave
universalistica, di tutela del reddito in costanza di rapporto di
lavoro e in caso di sua cessazione, con decreto, di natura non
regolamentare, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di
concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le
parti sociali istitutive dei rispettivi fondi bilaterali, sono dettate
disposizioni per determinare: requisiti di professionalità e
onorabilità dei soggetti preposti alla gestione dei fondi medesimi;
criteri e requisiti per la contabilità dei fondi; modalità volte a
rafforzare la funzione di controllo sulla loro corretta gestione e di
monitoraggio sull’andamento delle prestazioni, anche attraverso la
determinazione di standard e parametri omogenei.
17. In via sperimentale per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015
l’indennità di cui all’articolo 2, comma 1, della presente legge è
riconosciuta ai lavoratori sospesi per crisi aziendali o occupazionali
che siano in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 2, comma 4,
e subordinatamente ad un intervento integrativo pari almeno alla misura
del 20 per cento dell’indennità stessa a carico dei fondi bilaterali di
cui al comma 14, ovvero a carico dei fondi di solidarietà di cui al
comma 4 del presente articolo. La durata massima del trattamento non
può superare novanta giornate da computare in un biennio mobile. Il
trattamento è riconosciuto nel limite delle risorse non superiore a 20
milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015; al relativo
onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione
di spesa di cui all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge 6 dicembre
2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre
2011, n. 214. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato
ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
18. Le disposizioni di cui al comma 17 non trovano applicazione nei
confronti dei lavoratori dipendenti da aziende destinatarie di
trattamenti di integrazione salariale, nonché nei casi di contratti di
lavoro a tempo indeterminato con previsione di sospensioni lavorative
programmate e di contratti di lavoro a tempo parziale verticale.
19. Per i settori, tipologie di datori di lavoro e classi dimensionali
comunque superiori ai quindici dipendenti, non coperti dalla normativa
in materia di integrazione salariale, per i quali non siano stipulati,
entro il 31 marzo 2013, accordi collettivi volti all’attivazione di un
fondo di cui al comma 4, ovvero ai sensi del comma 14, è istituito, con
decreto non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, un
fondo di solidarietà residuale, cui contribuiscono i datori di lavoro
dei settori identificati.
20. Il fondo di solidarietà residuale finanziato con i contributi dei
datori di lavoro e dei lavoratori dei settori coperti, secondo quanto
definito dai commi 22, 23, 24 e 25, garantisce la prestazione di cui al
comma 31, per una durata non superiore a un ottavo delle ore
complessivamente lavorabili da computare in un biennio mobile, in
relazione alle causali di riduzione o sospensione dell’attività
lavorativa previste dalla normativa in materia di cassa integrazione
guadagni ordinaria e straordinaria.
21. Alla gestione del fondo di solidarietà residuale provvede un
comitato amministratore, avente i compiti di cui al comma 35 e composto
da esperti designati dalle organizzazioni sindacali dei datori di
lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello
nazionale, nonché da due funzionari, con qualifica di dirigente, in
rappresentanza, rispettivamente, del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali e del Ministero dell’economia e delle finanze. Le
funzioni di membro del comitato sono incompatibili con quelle connesse
a cariche nell’ambito delle organizzazioni sindacali. La partecipazione
al comitato è gratuita e non dà diritto ad alcun compenso né ad alcun
rimborso spese.
22. I decreti di cui ai commi 5, 6, 7 e 19 determinano le aliquote di
contribuzione ordinaria, ripartita tra datori di lavoro e lavoratori
nella misura, rispettivamente, di due terzi e di un terzo, in maniera
tale da garantire la precostituzione di risorse continuative adeguate
sia per l’avvio dell’attività sia per la situazione a regime, da
verificare anche sulla base dei bilanci di previsione di cui al comma
28.
23. Qualora sia prevista la prestazione di cui al comma 31, è previsto,
a carico del datore di lavoro che ricorra alla sospensione o riduzione
dell’attività lavorativa, un contributo addizionale, calcolato in
rapporto alle retribuzioni perse, nella misura prevista dai decreti di
cui ai commi 5, 6, 7 e 19 e comunque non inferiore all’1,5 per cento.
24. Per la prestazione straordinaria di cui al comma 32, lettera b), è
dovuto, da parte del datore di lavoro, un contributo straordinario di
importo corrispondente al fabbisogno di copertura degli assegni
straordinari erogabili e della contribuzione correlata.
25. Ai contributi di finanziamento di cui ai commi da 22 a 24 si
applicano le disposizioni vigenti in materia di contribuzione
previdenziale obbligatoria, ad eccezione di quelle relative agli sgravi
contributivi.
26. I fondi istituiti ai sensi dei commi 4, 14 e 19 hanno obbligo di
bilancio in pareggio e non possono erogare prestazioni in carenza di
disponibilità.
27. Gli interventi a carico dei fondi di cui ai commi 4, 14 e 19 sono
concessi previa costituzione di specifiche riserve finanziarie ed entro
i limiti delle risorse già acquisite.
28. I fondi istituiti ai sensi dei commi 4 e 19 hanno obbligo di
presentazione, sin dalla loro costituzione, di bilanci di previsione a
otto anni basati sullo scenario macroeconomico coerente con il più
recente Documento di economia e finanza e relativa Nota di
aggiornamento.
29. Sulla base del bilancio di previsione di cui al comma 28, il
comitato amministratore di cui al comma 35 ha facoltà di proporre
modifiche in relazione all’importo delle prestazioni o alla misura
dell’aliquota di contribuzione. Le modifiche sono adottate, anche in
corso d’anno, con decreto direttoriale dei Ministeri del lavoro e delle
politiche sociali e dell’economia e delle finanze, verificate le
compatibilità finanziarie interne al fondo, sulla base della proposta
del comitato amministratore.
30. In caso di necessità di assicurare il pareggio di bilancio ovvero
di far fronte a prestazioni già deliberate o da deliberare, ovvero di
inadempienza del comitato amministratore in relazione all’attività di
cui al comma 29, l’aliquota contributiva può essere modificata con
decreto direttoriale dei Ministeri del lavoro e delle politiche sociali
e dell’economia e delle finanze, anche in mancanza di proposta del
comitato amministratore. In ogni caso, in assenza dell’adeguamento
contributivo di cui al comma 29, l’INPS è tenuto a non erogare le
prestazioni in eccedenza.
31. I fondi di cui al comma 4 assicurano almeno la prestazione di un
assegno ordinario di importo pari all’integrazione salariale, di durata
non superiore a un ottavo delle ore complessivamente lavorabili da
computare in un biennio mobile, in relazione alle causali previste
dalla normativa in materia di cassa integrazione ordinaria o
straordinaria.
32. I fondi di cui al comma 4 possono inoltre erogare le seguenti tipologie di prestazioni:
a) prestazioni integrative, in termini di importi o durate, rispetto a quanto garantito dall’ASpI;
b) assegni straordinari per il sostegno al reddito, riconosciuti nel quadro dei processi di
agevolazione all’esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti
previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi
cinque anni;
c) contributi al finanziamento di programmi formativi di riconversione
o riqualificazione professionale, anche in concorso con gli appositi
fondi nazionali o dell’Unione europea.
33. Nei casi di cui al comma 31, i fondi di cui ai commi 4 e 19
provvedono inoltre a versare la contribuzione correlata alla
prestazione alla gestione di iscrizione del lavoratore interessato. La
contribuzione dovuta è computata in base a quanto previsto
dall’articolo 40 della legge 4 novembre 2010, n. 183.
34. La contribuzione correlata di cui al comma 33 può altresì essere
prevista, dai decreti istitutivi, in relazione alle prestazioni di cui
al comma 32. In tal caso, il fondo di cui al comma 4 provvede a versare
la contribuzione correlata alla prestazione alla gestione di iscrizione
del lavoratore interessato.
35. Alla gestione di ciascun fondo istituito ai sensi del comma 4 provvede un comitato amministratore con i seguenti compiti:
a) predisporre, sulla base dei criteri stabiliti dal consiglio di
indirizzo e vigilanza dell’INPS, i bilanci annuali, preventivo e
consuntivo, della gestione, corredati da una propria relazione, e
deliberare sui bilanci tecnici relativi alla gestione stessa;
b) deliberare in ordine alla concessione degli interventi e dei
trattamenti e compiere ogni altro atto richiesto per la gestione degli
istituti previsti dal regolamento;
c) fare proposte in materia di contributi, interventi e trattamenti;
d) vigilare sull’affluenza dei contributi, sull’ammissione agli
interventi e sull’erogazione dei trattamenti, nonché sull’andamento
della gestione;
e) decidere in unica istanza sui ricorsi in ordine alle materie di competenza;
f) assolvere ogni altro compito ad esso demandato da leggi o regolamenti.
36. Il comitato amministratore è composto da esperti designati dalle
organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori
stipulanti l’accordo o il contratto collettivo, in numero
complessivamente non superiore a dieci, nonché da due funzionari, con
qualifica di dirigente, in rappresentanza, rispettivamente, del
Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero
dell’economia e delle finanze. Le funzioni di membro del comitato sono
incompatibili con quelle connesse a cariche nell’ambito delle
organizzazioni sindacali. Ai componenti del comitato non spetta alcun
emolumento, indennità o rimborso spese.
37. Il comitato amministratore è nominato con decreto del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali e rimane in carica per quattro anni o
per la diversa durata prevista dal decreto istitutivo.
38. Il presidente del comitato amministratore è eletto dal comitato stesso tra i propri membri.
39. Le deliberazioni del comitato amministratore sono assunte a
maggioranza e, in caso di parità nelle votazioni, prevale il voto del
presidente.
40. Partecipa alle riunioni del comitato amministratore del fondo il collegio sindacale dell’INPS, nonché il direttore generale del medesimo Istituto o un suo delegato, con voto consultivo.
41. L’esecuzione delle decisioni adottate dal comitato amministratore
può essere sospesa, ove si evidenzino profili di illegittimità, da
parte del direttore generale dell’INPS. Il provvedimento di sospensione
deve essere adottato nel termine di cinque giorni ed essere sottoposto,
con l’indicazione della norma che si ritiene violata, al presidente
dell’INPS nell’ambito delle funzioni di cui all’articolo 3, comma 5,
del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 479, e successive
modificazioni; entro tre mesi, il presidente stabilisce se dare
ulteriore corso alla decisione o se annullarla. Trascorso tale termine
la decisione diviene esecutiva.
42. La disciplina dei fondi di solidarietà istituiti ai sensi
dell’articolo 2, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, è
adeguata alle norme dalla presente legge con decreto del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze, sulla base di accordi collettivi e
contratti collettivi, da stipulare tra le organizzazioni
comparativamente più rappresentative a livello nazionale entro il 30
giugno 2013.
43. L’entrata in vigore dei decreti di cui al comma 42 determina
l’abrogazione del decreto ministeriale recante il regolamento del
relativo fondo.
44. La disciplina del fondo di cui all’articolo 1-ter del decreto-legge
5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3
dicembre 2004, n. 291, è adeguata alle norme previste dalla presente
legge con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di
concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base di
accordi collettivi e contratti collettivi, anche intersettoriali,
stipulati entro il 30 giugno 2013 dalle organizzazioni comparativamente
più rappresentative a livello nazionale nel settore del trasporto aereo
e del sistema aeroportuale.
45. La disciplina del fondo di cui all’articolo 59, comma 6, della
legge 27 dicembre 1997, n. 449, è adeguata alle norme previste dalla
presente legge con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze,
sulla base di accordi collettivi e contratti collettivi, anche
intersettoriali, stipulati entro il 30 giugno 2013 dalle organizzazioni
comparativamente più rappresentative a livello nazionale nel settore
del trasporto ferroviario.
46. A decorrere dal 1º gennaio 2013, sono abrogate le seguenti disposizioni:
a) articolo 1-bis del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291;
b) articolo 2, comma 37, della legge 22 dicembre 2008, n. 203.
47. A decorrere dal 1º gennaio 2014, sono abrogate le seguenti disposizioni:
a) articolo 2, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662;
b) regolamento di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 27 novembre 1997, n. 477;
c) articolo 1-ter del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291;
d) articolo 59, comma 6, quarto, quinto e sesto periodo, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
48. All’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 475 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il Fondo
opera nei limiti delle risorse disponibili e fino ad esaurimento delle
stesse»;
b) al comma 476 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La
sospensione non comporta l’applicazione di alcuna commissione o spesa
di istruttoria ed avviene senza richiesta di garanzie aggiuntive»;
c) dopo il comma 476 è inserito il seguente:
«476-bis. La sospensione di cui al comma 476 si applica anche ai mutui:
a) oggetto di operazioni di emissione di obbligazioni bancarie garantite ovvero di cartolarizzazione ai sensi della legge 30 aprile 1999, n. 130;
b) erogati per portabilità tramite surroga ai sensi dell’articolo
120-quater del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre
1993, n. 385, che costituiscono mutui di nuova erogazione alla data di
perfezionamento dell’operazione di surroga;
c) che hanno già fruito di altre misure di sospensione purché tali misure non determinino complessivamente una sospensione dell’ammortamento superiore a diciotto mesi»;
d) il comma 477 è sostituito dal seguente:
«477. La sospensione prevista dal comma 476 non può essere richiesta
per i mutui che abbiano almeno una delle seguenti caratteristiche:
a) ritardo nei pagamenti superiore a novanta giorni consecutivi al momento della presentazione della domanda da parte del mutuatario, ovvero per i quali sia intervenuta la decadenza dal beneficio del termine o la risoluzione del contratto stesso, anche tramite notifica dell’atto di precetto, o sia stata avviata da terzi una procedura esecutiva sull’immobile ipotecato;
b) fruizione di agevolazioni pubbliche;
c) per i quali sia stata stipulata un’assicurazione a copertura del rischio che si verifichino gli eventi di cui al comma 479, purché tale assicurazione garantisca il rimborso almeno degli importi delle rate oggetto della sospensione e sia efficace nel periodo di sospensione stesso»;
e) al comma 478, le parole: «dei costi delle procedure bancarie e degli
onorari notarili necessari per la sospensione del pagamento delle rate
del mutuo» sono sostituite dalle seguenti: «degli oneri finanziari pari
agli interessi maturati sul debito residuo durante il periodo di
sospensione, corrispondente esclusivamente al parametro di riferimento
del tasso di interesse applicato ai mutui e, pertanto, al netto della
componente di maggiorazione sommata a tale parametro»;
f) il comma 479 è sostituito dal seguente:
«479. L’ammissione al beneficio di cui al comma 476 è subordinata
esclusivamente all’accadimento di almeno uno dei seguenti eventi,
intervenuti successivamente alla stipula del contratto di mutuo e
verificatisi nei tre anni antecedenti alla richiesta di ammissione al
beneficio:
a) cessazione del rapporto di lavoro subordinato, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di risoluzione per limiti di età con diritto a pensione di vecchiaia o di anzianità, di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, di dimissioni del lavoratore non per giusta causa;
b) cessazione dei rapporti di lavoro di cui all’articolo 409, numero
3), del codice di procedura civile, ad eccezione delle ipotesi di
risoluzione consensuale, di recesso datoriale per giusta causa, di
recesso del lavoratore non per giusta causa;
c) morte o riconoscimento di handicap grave, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero di invalidità civile non inferiore all’80 per cento».
49. Le disposizioni di cui ai commi da 475 a 479 dell’articolo 2 della
legge 24 dicembre 2007, n. 244, come modificati dal comma 48 del
presente articolo, si applicano esclusivamente alle domande di accesso
al Fondo di solidarietà presentate dopo la data di entrata in vigore
della presente legge.
Art. 4
(Ulteriori disposizioni in materia di mercato del lavoro)
1. Nei casi di eccedenza di personale, accordi tra datori di lavoro che
impieghino mediamente più di quindici dipendenti e le organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative a livello aziendale possono
prevedere che, al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori più
anziani, il datore di lavoro si impegni a corrispondere ai lavoratori
una prestazione di importo pari al trattamento di pensione che
spetterebbe in base alle regole vigenti, ed a corrispondere all’INPS la
contribuzione fino al raggiungimento dei requisiti minimi per il
pensionamento.
2. I lavoratori coinvolti nel programma di cui al comma 1 debbono
raggiungere i requisiti minimi per il pensionamento, di vecchiaia o
anticipato, nei quattro anni successivi alla cessazione dal rapporto di
lavoro.
3. Allo scopo di dare efficacia all’accordo di cui al comma 1, il datore di lavoro interessato presenta apposita domanda all’INPS, accompagnata dalla presentazione di una fideiussione bancaria a garanzia della solvibilità in relazione agli obblighi.
4. L’accordo di cui al comma 1 diviene efficace a seguito della validazione da parte dell’INPS, che effettua l’istruttoria in ordine alla presenza dei requisiti in capo al lavoratore ed al datore di lavoro.
5. A seguito dell’accettazione dell’accordo di cui al comma 1 il datore di lavoro è obbligato a versare mensilmente all’INPS la provvista per la prestazione e per la contribuzione figurativa. In ogni caso, in assenza del versamento mensile di cui al presente comma, l’INPS è tenuto a non erogare le prestazioni.
6. In caso di mancato versamento l’INPS procede a notificare un avviso di pagamento; decorsi centottanta giorni dalla notifica senza l’avvenuto pagamento l’INPS procede alla escussione della fideiussione.
7. Il pagamento della prestazione avviene da parte dell’INPS con le modalità previste per il pagamento delle pensioni. L’Istituto provvede contestualmente all’accredito della relativa contribuzione figurativa.
8. In relazione alle assunzioni effettuate, a decorrere dal 1º gennaio 2013, con contratto di lavoro dipendente, a tempo determinato anche in somministrazione, in relazione a lavoratori di età non inferiore a cinquanta anni, disoccupati da oltre dodici mesi, spetta, per la durata di dodici mesi, la riduzione del 50 per cento dei contributi a carico del datore di lavoro.
9. Nei casi di cui al comma 8, se il contratto è trasformato a tempo indeterminato, la riduzione dei contributi si prolunga fino al diciottesimo mese dalla data della assunzione con il contratto di cui al comma 8.
10. Nei casi di cui al comma 8, qualora l’assunzione sia effettuata con contratto di lavoro a tempo indeterminato, la riduzione dei contributi spetta per un periodo di diciotto mesi dalla data di assunzione.
11. Le disposizioni di cui ai commi da 8 a 10 si applicano nel rispetto del regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008, anche in relazione alle assunzioni di donne di qualsiasi età, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali dell’Unione europea e nelle aree di cui all’articolo 2, punto 18), lettera e), del predetto regolamento, annualmente individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, nonché in relazione alle assunzioni di donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi, ovunque residenti.
12. Al fine di garantire un’omogenea applicazione degli incentivi all’assunzione, ivi compresi quelli previsti dall’articolo 8, comma 9, della legge 29 dicembre 1990, n. 407, e dagli articoli 8, commi 2 e 4, e 25, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223, per i periodi di vigenza come ridefiniti dalla presente legge, si definiscono i seguenti princìpi:
a) gli incentivi non spettano se l’assunzione costituisce attuazione di
un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della
contrattazione collettiva; gli incentivi sono esclusi anche nel caso in
cui il lavoratore avente diritto all’assunzione viene utilizzato
mediante contratto di somministrazione;
b) gli incentivi non spettano se l’assunzione viola il diritto di
precedenza, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo, alla
riassunzione di un altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo
indeterminato o cessato da un rapporto a termine; gli incentivi sono
esclusi anche nel caso in cui, prima dell’utilizzo di un lavoratore
mediante contratto di somministrazione, l’utilizzatore non abbia
preventivamente offerto la riassunzione al lavoratore titolare di un
diritto di precedenza per essere stato precedentemente licenziato da un
rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine;
c) gli incentivi non spettano se il datore di lavoro o l’utilizzatore con contratto di somministrazione abbiano in atto sospensioni dal lavoro connesse ad una crisi o riorganizzazione aziendale, salvi i casi in cui l’assunzione, la trasformazione o la somministrazione siano finalizzate all’acquisizione di professionalità sostanzialmente diverse da quelle dei lavoratori sospesi oppure siano effettuate presso una diversa unità produttiva;
d) gli incentivi non spettano con riferimento a quei lavoratori che siano stati licenziati, nei sei mesi precedenti, da parte di un datore di lavoro che, al momento del licenziamento, presenti assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del datore di lavoro che assume ovvero risulti con quest’ultimo in rapporto di collegamento o controllo; in caso di somministrazione tale condizione si applica anche all’utilizzatore.
13. Ai fini della determinazione del diritto agli incentivi e della
loro durata, si cumulano i periodi in cui il lavoratore ha prestato
l’attività in favore dello stesso soggetto, a titolo di lavoro
subordinato o somministrato; non si cumulano le prestazioni in
somministrazione effettuate dallo stesso lavoratore nei confronti di
diversi utilizzatori, anche se fornite dalla medesima agenzia di
somministrazione di lavoro, di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a)
e b), del decreto legislativo n. 276 del 2003, salvo che tra gli
utilizzatori ricorrano assetti proprietari sostanzialmente coincidenti
ovvero intercorrano rapporti di collegamento o controllo.
14. All’articolo 8, comma 9, della legge 29 dicembre 1990, n. 407, le
parole: «quando esse non siano effettuate in sostituzione di lavoratori
dipendenti dalle stesse imprese per qualsiasi causa licenziati o
sospesi» sono sostituite dalle seguenti: «quando esse non siano
effettuate in sostituzione di lavoratori dipendenti dalle stesse
imprese licenziati per giustificato motivo oggettivo o per riduzione
del personale o sospesi».
15. L’inoltro tardivo delle comunicazioni telematiche obbligatorie inerenti l’instaurazione e la modifica di un rapporto di lavoro o di somministrazione producono la perdita di quella parte dell’incentivo relativa al periodo compreso tra la decorrenza del rapporto agevolato e la data della tardiva comunicazione.
16. Il comma 4 dell’articolo 55 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, è sostituito dal seguente:
«4. La risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di
dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di
gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre
anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore
adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei
primi tre anni decorrenti dalle comunicazioni di cui all’articolo 54,
comma 9, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero
del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A detta
convalida è sospensivamente condizionata l’efficacia della risoluzione
del rapporto di lavoro».
17. Al di fuori dell’ipotesi di cui all’articolo 55, comma 4, del
citato testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151,
come sostituito dal comma 16 del presente articolo, l’efficacia delle
dimissioni della lavoratrice o del lavoratore e della risoluzione
consensuale del rapporto è sospensivamente condizionata alla convalida
effettuata presso la Direzione territoriale del lavoro o il Centro per
l’impiego territorialmente competenti, ovvero presso le sedi
individuate dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle
organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello
nazionale.
18. In alternativa alla procedura di cui al comma 17, l’efficacia delle
dimissioni della lavoratrice o del lavoratore e della risoluzione
consensuale del rapporto è sospensivamente condizionata alla
sottoscrizione di apposita dichiarazione della lavoratrice o del
lavoratore apposta in calce alla ricevuta di trasmissione della
comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro di cui all’articolo
21 della legge 29 aprile 1949, n. 264, e successive modificazioni. Con
decreto, di natura non regolamentare, del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali, possono essere individuate ulteriori modalità
semplificate per accertare la veridicità della data e la autenticità
della manifestazione di volontà della lavoratrice o del lavoratore, in
relazione alle dimissioni o alla risoluzione consensuale del rapporto,
in funzione dello sviluppo dei sistemi informatici e della evoluzione
della disciplina in materia di comunicazioni obbligatorie.
19. Nell’ipotesi in cui la lavoratrice o il lavoratore non proceda alla convalida di cui al comma 17 ovvero alla sottoscrizione di cui al comma 18, il rapporto di lavoro si intende risolto, per il verificarsi della condizione sospensiva, qualora la lavoratrice o il lavoratore non aderisca, entro sette giorni dalla ricezione, all’invito a presentarsi presso le sedi di cui al comma 17 ovvero all’invito ad apporre la predetta sottoscrizione, trasmesso dal datore di lavoro, tramite comunicazione scritta, ovvero qualora non effettui la revoca di cui al comma 21.
20. La comunicazione contenente l’invito, cui deve essere allegata copia della ricevuta di trasmissione di cui al comma 18, si considera validamente effettuata quando è recapitata al domicilio della lavoratrice o del lavoratore indicato nel contratto di lavoro o ad altro domicilio formalmente comunicato dalla lavoratrice o dal lavoratore al datore di lavoro, ovvero è consegnata alla lavoratrice o al lavoratore che ne sottoscrive copia per ricevuta.
21. Nei sette giorni di cui al comma 19, che possono sovrapporsi con il periodo di preavviso, la lavoratrice o il lavoratore ha facoltà di revocare le dimissioni o la risoluzione consensuale. La revoca può essere comunicata in forma scritta. Il contratto di lavoro, se interrotto per effetto del recesso, torna ad avere corso normale dal giorno successivo alla comunicazione della revoca. Per il periodo intercorso tra il recesso e la revoca, qualora la prestazione lavorativa non sia stata svolta, il prestatore non matura alcun diritto retributivo. Alla revoca del recesso conseguono la cessazione di ogni effetto delle eventuali pattuizioni a esso connesse e l’obbligo in capo al lavoratore di restituire tutto quanto eventualmente percepito in forza di esse.
22. Qualora, in mancanza della convalida di cui al comma 17 ovvero della sottoscrizione di cui al comma 18, il datore di lavoro non provveda a trasmettere alla lavoratrice o al lavoratore la comunicazione contenente l’invito entro il termine di trenta giorni dalla data delle dimissioni e della risoluzione consensuale, le dimissioni si considerano definitivamente prive di effetto.
23. Salvo che il fatto costituisca reato, il datore di lavoro che abusi
del foglio firmato in bianco dalla lavoratrice o dal lavoratore al fine
di simularne le dimissioni o la risoluzione consensuale del rapporto, è
punito con la sanzione amministrativa da euro 5.000 ad euro 30.000.
L’accertamento e l’irrogazione della sanzione sono di competenza delle
Direzioni territoriali del lavoro. Si applicano, in quanto compatibili,
le disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689.
24. Al fine di sostenere la genitorialità, promuovendo una cultura di
maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all’interno della
coppia e per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro,
in via sperimentale per gli anni 2013-2015:
a) il padre lavoratore dipendente, entro i cinque mesi dalla nascita
del figlio, ha l’obbligo di astenersi dal lavoro per un periodo di un
giorno. Entro il medesimo periodo, il padre lavoratore dipendente può
astenersi per un ulteriore periodo di due giorni, anche continuativi,
previo accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al
periodo di astensione obbligatoria spettante a quest’ultima. In tale
ultima ipotesi, per il periodo di due giorni goduto in sostituzione
della madre è riconosciuta un’indennità giornaliera a carico dell’INPS
pari al 100 per cento della retribuzione e per il restante giorno in
aggiunta all’obbligo di astensione della madre è riconosciuta
un’indennità pari al 100 per cento della retribuzione. Il padre
lavoratore è tenuto a fornire preventiva comunicazione in forma scritta
al datore di lavoro dei giorni prescelti per astenersi dal lavoro
almeno quindici giorni prima dei medesimi. All’onere derivante dalla
presente lettera, valutato in 78 milioni di euro per ciascuno degli
anni 2013, 2014 e 2015, si provvede, quanto a 65 milioni di euro per
ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015, mediante corrispondente
riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 24, comma
27, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con
modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e, quanto a 13
milioni di euro per ciascuno degli anni 2013-2015, ai sensi del comma
69 del presente articolo;
b) nei limiti delle risorse di cui al comma 26 e con le modalità di cui
al comma 25, è disciplinata la possibilità di concedere alla madre
lavoratrice, al termine del periodo di congedo di maternità, per gli
undici mesi successivi e in alternativa al congedo parentale di cui al
comma 1, lettera a), dell’articolo 32 del citato testo unico di cui al
decreto legislativo n. 151 del 2001, la corresponsione di voucher per
l’acquisto di servizi di baby-sitting, ovvero per fare fronte agli
oneri della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi
privati accreditati, da richiedere al datore di lavoro.
25. Con decreto, di natura non regolamentare, del Ministero del lavoro
e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell’economia e
delle finanze, da adottare entro un mese dalla data di entrata in
vigore della presente legge, sono stabiliti, nei limiti delle risorse
di cui al comma 26:
a) i criteri di accesso e le modalità di utilizzo delle misure sperimentali di cui al comma 24;
b) il numero e l’importo dei voucher di cui al comma 24, lettera b),
tenuto anche conto dell’indicatore della situazione economica
equivalente del nucleo familiare di appartenenza.
26. Il decreto di cui al comma 25 provvede altresì a determinare, per
la misura sperimentale di cui al comma 24, lettera b), e per ciascuno
degli anni 2013, 2014 e 2015, la quota di risorse del citato fondo di
cui all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.
201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.
214, nel limite delle quali è riconosciuto il beneficio previsto dalla
predetta misura sperimentale.
27. Alla legge 12 marzo 1999, n. 68, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 4, comma 1, il primo periodo è sostituito dai seguenti:
«Agli effetti della determinazione del numero di soggetti disabili da
assumere, sono computati di norma tra i dipendenti tutti i lavoratori
assunti con contratto di lavoro subordinato. Ai medesimi effetti, non
sono computabili: i lavoratori occupati ai sensi della presente legge,
i soci di cooperative di produzione e lavoro, i dirigenti, i lavoratori
assunti con contratto di inserimento, i lavoratori occupati con
contratto di somministrazione presso l’utilizzatore, i lavoratori
assunti per attività da svolgersi all’estero per la durata di tale
attività, i soggetti impegnati in lavori socialmente utili assunti ai
sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81,
i lavoratori a domicilio, i lavoratori che aderiscono al programma di
emersione, ai sensi dell’articolo 1, comma 4-bis, della legge 18
ottobre 2001, n. 383, e successive modificazioni. Restano salve le
ulteriori esclusioni previste dalle discipline di settore»;
b) all’articolo 5, comma 2, dopo il secondo periodo è inserito il
seguente: «Indipendentemente dall’inquadramento previdenziale dei
lavoratori è considerato personale di cantiere anche quello
direttamente operante nei montaggi industriali o impiantistici e nelle
relative opere di manutenzione svolte in cantiere»;
c) all’articolo 5, dopo il comma 8-quater è aggiunto il seguente:
«8-quinquies. Al fine di evitare abusi nel ricorso all’istituto
dell’esonero dagli obblighi di cui all’articolo 3 e di garantire il
rispetto delle quote di riserva, con decreto del Ministro del lavoro e
delle politiche sociali, sentita la Conferenza unificata di cui
all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da
emanare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto
1988, n. 400, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della
presente disposizione, sono ridefiniti i procedimenti relativi agli
esoneri, i criteri e le modalità per la loro concessione e sono
stabilite norme volte al potenziamento delle attività di controllo»;
d) all’articolo 6, comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:
«I medesimi organismi sono tenuti a comunicare, anche in via
telematica, con cadenza almeno mensile, alla competente Direzione
territoriale del lavoro, il mancato rispetto degli obblighi di cui
all’articolo 3, nonché il ricorso agli esoneri, ai fini della
attivazione degli eventuali accertamenti».
28. Al terzo periodo del comma 67 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, sono soppresse le parole: «In via sperimentale, con riferimento al triennio 2008-2010,» e, al comma 68, i periodi secondo, terzo e quarto sono sostituiti dal seguente: «A decorrere dall’anno 2012 lo sgravio dei contributi dovuti dal lavoratore e dal datore di lavoro è concesso secondo i criteri di cui al comma 67 e con la modalità di cui al primo periodo del presente comma, a valere sulle risorse, pari a 650 milioni di euro annui, già presenti nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, relative al Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello». Conseguentemente è abrogato il comma 14 dell’articolo 33 della legge 12 novembre 2011, n. 183.
29. Per l’anno 2011, per gli sgravi contributivi di cui all’articolo 1,
comma 47, quarto periodo, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali è autorizzato ad
utilizzare le risorse iscritte sui pertinenti capitoli dello stato di
previsione del medesimo Ministero già impegnate per le medesime
finalità.
30. All’articolo 22, comma 11, secondo periodo, del testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla
condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286, le parole: «per un periodo non inferiore a sei mesi» sono
sostituite dalle seguenti: «per un periodo non inferiore ad un anno
ovvero per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al
reddito percepita dal lavoratore straniero, qualora superiore. Decorso
il termine di cui al secondo periodo, trovano applicazione i requisiti
reddituali di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b)».
31. All’articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo periodo sono premesse le seguenti parole: «Salvo diversa
disposizione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da
associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più
rappresentative del settore che possono individuare metodi e procedure
di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti,»;
b) i periodi dal secondo al quinto sono sostituiti dai seguenti: «Il
committente imprenditore o datore di lavoro è convenuto in giudizio per
il pagamento unitamente all’appaltatore e con gli eventuali ulteriori
subappaltatori. Il committente imprenditore o datore di lavoro può
eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione
del patrimonio dell’appaltatore medesimo e degli eventuali
subappaltatori. In tal caso il giudice accerta la responsabilità
solidale di tutti gli obbligati, ma l’azione esecutiva può essere
intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro
solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore e
degli eventuali subappaltatori. Il committente che ha eseguito il
pagamento può esercitare l’azione di regresso nei confronti del
coobbligato secondo le regole generali».
32. All’articolo 36, comma 1, lettera b-bis), del decreto legislativo 8
luglio 2003, n. 188, dopo le parole: «definiti dalla contrattazione
collettiva» è inserita la seguente: «nazionale» e sono aggiunte, in
fine, le seguenti parole: «o, in via delegata, dalla contrattazione a
livelli decentrati».
33. Al decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 3, dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti:
«1-bis. Nei confronti dei beneficiari di ammortizzatori sociali per i
quali lo stato di disoccupazione costituisca requisito, gli obiettivi e
gli indirizzi operativi di cui al comma 1 devono prevedere almeno
l’offerta delle seguenti azioni:
a) colloquio di orientamento entro i tre mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione;
b) azioni di orientamento collettive fra i tre e i sei mesi dall’inizio
dello stato di disoccupazione, con formazione sulle modalità più
efficaci di ricerca di occupazione adeguate al contesto produttivo
territoriale;
c) formazione della durata complessiva non inferiore a due settimane tra i sei e i dodici mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione, adeguata alle competenze professionali del disoccupato e alla domanda di lavoro dell’area territoriale di residenza;
d) proposta di adesione ad iniziative di inserimento lavorativo entro la scadenza del periodo di percezione del trattamento di sostegno del reddito.
1-ter. Nei confronti dei beneficiari di trattamento di integrazione
salariale o di altre prestazioni in costanza di rapporto di lavoro, che
comportino la sospensione dall’attività lavorativa per un periodo
superiore ai sei mesi, gli obiettivi e gli indirizzi operativi di cui
al comma 1 devono prevedere almeno l’offerta di formazione
professionale della durata complessiva non inferiore a due settimane
adeguata alle competenze professionali del disoccupato»;
b) all’articolo 3, la rubrica è sostituita dalla seguente: «Livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i servizi per l’impiego»;
c) all’articolo 4, comma 1:
1) la lettera a) è abrogata;
2) alla lettera c), le parole: «con durata del contratto a termine o,
rispettivamente, della missione, in entrambi i casi superiore almeno a
otto mesi, ovvero a quattro mesi se si tratta di giovani,» sono
soppresse;
3) la lettera d) è sostituita dalla seguente:
«d) sospensione dello stato di disoccupazione in caso di lavoro subordinato di durata inferiore a sei mesi».
34. Con accordo in sede di Conferenza unificata di cui al decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ed in coerenza con i documenti di
programmazione degli interventi cofinanziati con fondi strutturali
europei è definito un sistema di premialità, per la ripartizione delle
risorse del fondo sociale europeo, legato alla prestazione di politiche
attive e servizi per l’impiego.
35. Entro il 30 giugno 2013 l’INPS predispone e mette a disposizione
dei servizi competenti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera g), del
decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni,
una banca dati telematica contenente i dati individuali dei beneficiari
di ammortizzatori sociali, con indicazione dei dati anagrafici, di
residenza e domicilio, e dei dati essenziali relativi al tipo di
ammortizzatore sociale di cui beneficiano.
36. Ai fini della verifica della erogazione dei servizi in misura non
inferiore ai livelli essenziali definiti ai sensi dell’articolo 3 del
citato decreto legislativo n. 181 del 2000, è fatto obbligo ai servizi
competenti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera g), del medesimo
decreto legislativo, di inserire nella banca dati di cui al comma 35,
con le modalità definite dall’INPS, i dati essenziali concernenti le
azioni di politica attiva e di attivazione svolte nei confronti dei
beneficiari di ammortizzatori sociali.
37. Dall’attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 34 a 36 non
devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Le amministrazioni interessate provvedono con le risorse finanziarie,
umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.
38. Nei casi di presentazione di una domanda di indennità nell’ambito
dell’ASpI, la dichiarazione di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto
legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni, può
essere resa dall’interessato all’INPS, che trasmette la dichiarazione
al servizio competente per territorio mediante il sistema informativo
di cui al comma 35 del presente articolo.
39. Al fine di semplificare gli adempimenti connessi al riconoscimento
degli incentivi all’assunzione, le regioni e le province mettono a
disposizione dell’INPS, secondo modalità dallo stesso indicate, le
informazioni di propria competenza necessarie per il riconoscimento
degli incentivi all’assunzione, ivi comprese le informazioni relative
all’iscrizione nelle liste di mobilità, di cui all’articolo 6 della
legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, e le
informazioni relative al possesso dello stato di disoccupazione e alla
sua durata, ai sensi del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181. Le
informazioni di cui al primo periodo sono messe inoltre a disposizione
del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per la pubblicazione
nella borsa continua nazionale del lavoro di cui all’articolo 15 del
decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive
modificazioni.
40. Il lavoratore sospeso dall’attività lavorativa e beneficiario di
una prestazione di sostegno del reddito in costanza di rapporto di
lavoro, ai sensi dell’articolo 3 della presente legge, decade dal
trattamento qualora rifiuti di essere avviato ad un corso di formazione
o di riqualificazione o non lo frequenti regolarmente senza un
giustificato motivo.
41. Il lavoratore destinatario di una indennità di mobilità o di
indennità o di sussidi, la cui corresponsione è collegata allo stato di
disoccupazione o di inoccupazione, decade dai trattamenti medesimi,
quando:
a) rifiuti di partecipare senza giustificato motivo ad una iniziativa
di politica attiva o di attivazione proposta dai servizi competenti di
cui all’articolo 1, comma 2, lettera g), del decreto legislativo 21
aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni, o non vi partecipi
regolarmente;
b) non accetti una offerta di un lavoro inquadrato in un livello
retributivo superiore almeno del 20 per cento rispetto all’importo
lordo dell’indennità cui ha diritto.
42. Le disposizioni di cui ai commi 40 e 41 si applicano quando le
attività lavorative o di formazione ovvero di riqualificazione si
svolgono in un luogo che non dista più di 50 chilometri dalla residenza
del lavoratore, o comunque che è raggiungibile mediamente in 80 minuti
con i mezzi di trasporto pubblici.
43. Nei casi di cui ai commi 40, 41 e 42, il lavoratore destinatario
dei trattamenti di sostegno del reddito perde il diritto alla
prestazione, fatti salvi i diritti già maturati.
44. È fatto obbligo ai servizi competenti di cui all’articolo 1, comma
2, lettera g), del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e
successive modificazioni, di comunicare tempestivamente gli eventi di
cui ai commi da 40 a 43 all’INPS, che provvede ad emettere il
provvedimento di decadenza, recuperando le somme eventualmente erogate
per periodi di non spettanza del trattamento.
45. Avverso il provvedimento di cui al comma 44 è ammesso ricorso al
comitato provinciale di cui all’articolo 34 del decreto del Presidente
della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639.
46. Al decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291, l’articolo 1-quinquies è abrogato.
47. All’articolo 19 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185,
convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, il
comma 10 è abrogato.
48. All’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 30, alinea, le parole: «in conformità all’articolo 117
della Costituzione e agli statuti delle regioni a statuto speciale e
delle province autonome di Trento e di Bolzano, e alle relative norme
di attuazione» sono sostituite dalle seguenti: «mediante intesa in sede
di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell’articolo 3 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281»;
b) al comma 30, la lettera a) è sostituita dalla seguente:
«a) servizi per l’impiego e politiche attive»;
c) al comma 31, dopo la lettera e) sono aggiunte le seguenti:
«e-bis) attivazione del soggetto che cerca lavoro, in quanto mai occupato, espulso o beneficiario di ammortizzatori sociali, al fine di incentivarne la ricerca attiva di una nuova occupazione;
e-ter) qualificazione professionale dei giovani che entrano nel mercato del lavoro;
e-quater) formazione nel continuo dei lavoratori;
e-quinquies) riqualificazione di coloro che sono espulsi, per un loro efficace e tempestivo ricollocamento;
e-sexies) collocamento di soggetti in difficile condizione rispetto alla loro occupabilità».
49. I decreti di cui all’articolo 1, comma 30, alinea, della legge n.
247 del 2007 sono adottati entro il termine di sei mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge.
50. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 30,
lettera a), della legge 24 dicembre 2007, n. 247, come modificata dal
comma 48, lettera b), del presente articolo, deve essere assicurata
l’armonizzazione degli emanandi decreti con le disposizioni di cui ai
commi da 33 a 49.
51. In linea con le indicazioni dell’Unione europea, per apprendimento
permanente si intende qualsiasi attività intrapresa dalle persone in
modo formale, non formale e informale, nelle varie fasi della vita, al
fine di migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze, in una
prospettiva personale, civica, sociale e occupazionale. Le relative
politiche sono determinate a livello nazionale con intesa in sede di
Conferenza unificata, su proposta del Ministro dell’istruzione,
dell’università e della ricerca e del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali, sentito il Ministro dello sviluppo economico e
sentite le parti sociali, a partire dalla individuazione e
riconoscimento del patrimonio culturale e professionale comunque
accumulato dai cittadini e dai lavoratori nella loro storia personale e
professionale, da documentare attraverso la piena realizzazione di una
dorsale informativa unica mediante l’interoperabilità delle banche dati
centrali e territoriali esistenti.
52. Per apprendimento formale si intende quello che si attua nel
sistema di istruzione e formazione e nelle università e istituzioni di
alta formazione artistica, musicale e coreutica, e che si conclude con
il conseguimento di un titolo di studio o di una qualifica o diploma
professionale, conseguiti anche in apprendistato a norma del testo
unico di cui al decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, o di una
certificazione riconosciuta.
53. Per apprendimento non formale si intende quello caratterizzato da
una scelta intenzionale della persona, che si realizza al di fuori dei
sistemi indicati al comma 52, in ogni organismo che persegua scopi
educativi e formativi, anche del volontariato, del servizio civile
nazionale e del privato sociale e nelle imprese.
54. Per apprendimento informale si intende quello che, anche a
prescindere da una scelta intenzionale, si realizza nello svolgimento,
da parte di ogni persona, di attività nelle situazioni di vita
quotidiana e nelle interazioni che in essa hanno luogo, nell’ambito del
contesto di lavoro, familiare e del tempo libero.
55. Con la medesima intesa di cui al comma 51 del presente articolo, in
coerenza con il principio di sussidiarietà e nel rispetto delle
competenze di programmazione delle regioni, sono definiti, sentite le
parti sociali, indirizzi per l’individuazione di criteri generali e
priorità per la promozione e il sostegno alla realizzazione di reti
territoriali che comprendono l’insieme dei servizi di istruzione,
formazione e lavoro collegati organicamente alle strategie per la
crescita economica, l’accesso al lavoro dei giovani, la riforma del
welfare, l’invecchiamento attivo, l’esercizio della cittadinanza
attiva, anche da parte degli immigrati. In tali contesti, sono
considerate prioritarie le azioni riguardanti:
a) il sostegno alla costruzione, da parte delle persone, dei propri
percorsi di apprendimento formale, non formale ed informale di cui ai
commi da 51 a 54, ivi compresi quelli di lavoro, facendo emergere ed
individuando i fabbisogni di competenza delle persone in correlazione
con le necessità dei sistemi produttivi e dei territori di riferimento,
con particolare attenzione alle competenze linguistiche e digitali;
b) il riconoscimento di crediti formativi e la certificazione degli apprendimenti comunque acquisiti;
c) la fruizione di servizi di orientamento lungo tutto il corso della vita.
56. Alla realizzazione e allo sviluppo delle reti territoriali dei servizi concorrono anche:
a) le università, nella loro autonomia, attraverso l’inclusione
dell’apprendimento permanente nelle loro strategie istituzionali,
l’offerta formativa flessibile e di qualità, che comprende anche la
formazione a distanza, per una popolazione studentesca diversificata,
idonei servizi di orientamento e consulenza, partenariati nazionali,
europei e internazionali a sostegno della mobilità delle persone e
dello sviluppo sociale ed economico;
b) le imprese, attraverso rappresentanze datoriali e sindacali;
c) le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura
nell’erogazione dei servizi destinati a promuovere la crescita del
sistema imprenditoriale e del territorio, che comprendono la
formazione, l’apprendimento e la valorizzazione dell’esperienza
professionale acquisita dalle persone;
d) l’Osservatorio sulla migrazione interna nell’ambito del territorio nazionale istituito con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 11 dicembre 2009, di cui al comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 13 marzo 2010; le strutture territoriali degli enti pubblici di ricerca.
57. Dall’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 55 e 56 non
devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Le amministrazioni interessate provvedono con le risorse finanziarie,
umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.
58. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dell’istruzione,
dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro per la
pubblica amministrazione e la semplificazione, sentito il Ministro
dello sviluppo economico, d’intesa con la Conferenza unificata, nel
rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e formative,
delle università e degli istituti di alta formazione artistica,
musicale e coreutica, sentite le parti sociali, uno o più decreti
legislativi per la definizione delle norme generali e dei livelli
essenziali delle prestazioni, riferiti agli ambiti di rispettiva
competenza dello Stato, delle regioni e delle province autonome di
Trento e di Bolzano, per l’individuazione e validazione degli
apprendimenti non formali e informali, con riferimento al sistema
nazionale di certificazione delle competenze di cui ai commi da 64 a
68, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) individuazione e validazione degli apprendimenti non formali e
informali di cui ai commi 53 e 54, acquisiti dalla persona, quali
servizi effettuati su richiesta dell’interessato, finalizzate a
valorizzare il patrimonio culturale e professionale delle persone e la
consistenza e correlabilità dello stesso in relazione alle competenze
certificabili e ai crediti formativi riconoscibili ai sensi dei commi
da 64 a 68;
b) individuazione e validazione dell’apprendimento non formale e
informale di cui alla lettera a) effettuate attraverso un omogeneo
processo di servizio alla persona e sulla base di idonei riscontri e
prove, nel rispetto delle scelte e dei diritti individuali e in modo da
assicurare a tutti pari opportunità;
c) riconoscimento delle esperienze di lavoro quale parte essenziale del
percorso educativo, formativo e professionale della persona;
d) definizione dei livelli essenziali delle prestazioni per
l’erogazione dei servizi di cui alla lettera a) da parte dei soggetti
istituzionalmente competenti in materia di istruzione, formazione e
lavoro, ivi incluse le imprese e loro rappresentanze nonché le camere
di commercio, industria, artigianato e agricoltura;
e) possibilità di riconoscimento degli apprendimenti non formali e
informali convalidati come crediti formativi in relazione ai titoli di
istruzione e formazione e alle qualificazioni compresi nel repertorio
nazionale di cui al comma 67;
f) previsione di procedure di convalida dell’apprendimento non formale
e informale e di riconoscimento dei crediti da parte dei soggetti di
cui alla lettera d), ispirate a principi di semplicità, trasparenza,
rispondenza ai sistemi di garanzia della qualità e valorizzazione del
patrimonio culturale e professionale accumulato nel tempo dalla persona;
g) effettuazione di riscontri e prove di cui alla lettera b) sulla base
di quadri di riferimento e regole definiti a livello nazionale, in
relazione ai livelli e ai sistemi di referenziazione dell’Unione
europea e in modo da assicurare, anche a garanzia dell’equità e del
pari trattamento delle persone, la comparabilità delle competenze
certificate sull’intero territorio nazionale.
59. Nell’esercizio della delega di cui al comma 58, con riferimento
alle certificazioni di competenza, è considerato anche il ruolo svolto
dagli organismi di certificazione accreditati dall’organismo unico
nazionale di accreditamento ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008
del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008.
60. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti
legislativi di cui al comma 58, il Governo può adottare eventuali
disposizioni integrative e correttive, con le medesime modalità e nel
rispetto dei medesimi princìpi e criteri direttivi.
61. Dall’adozione dei decreti legislativi di cui al comma 58 non devono
derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ferma
restando la facoltà delle regioni e delle province autonome di Trento e
di Bolzano di stabilire la quota dei costi a carico della persona che
chiede la convalida dell’apprendimento non formale e informale e la
relativa certificazione delle competenze.
62. Al fine di conferire organicità e sistematicità alle norme in
materia di informazione e consultazione dei lavoratori, nonché di
partecipazione dei dipendenti agli utili e al capitale, il Governo è
delegato ad adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge, su proposta del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali, uno o più decreti legislativi finalizzati a favorire
le forme di coinvolgimento dei lavoratori nell’impresa, attivate
attraverso la stipulazione di un contratto collettivo aziendale, nel
rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) individuazione degli obblighi di informazione, consultazione o
negoziazione a carico dell’impresa nei confronti delle organizzazioni
sindacali, dei lavoratori, o di appositi organi individuati dal
contratto medesimo, nel rispetto dei livelli minimi fissati dal decreto
legislativo 6 febbraio 2007, n. 25, di recepimento della direttiva
2002/14/CE sull’informazione e consultazione dei lavoratori;
b) previsione di procedure di verifica dell’applicazione e degli esiti
di piani o decisioni concordate, anche attraverso l’istituzione di
organismi congiunti, paritetici o comunque misti, dotati delle
prerogative adeguate;
c) istituzione di organismi congiunti, paritetici o comunque misti,
dotati di competenze di controllo e partecipazione nella gestione di
materie quali la sicurezza dei luoghi di lavoro e la salute dei
lavoratori, l’organizzazione del lavoro, la formazione professionale,
la promozione e l’attuazione di una situazione effettiva di pari
opportunità, le forme di remunerazione collegate al risultato, i
servizi sociali destinati ai lavoratori e alle loro famiglie, forme di
welfare aziendale, ogni altra materia attinente alla responsabilità
sociale dell’impresa;
d) controllo sull’andamento o su determinate scelte di gestione
aziendali, mediante partecipazione di rappresentanti eletti dai
lavoratori o designati dalle organizzazioni sindacali in organi di
sorveglianza;
e) previsione della partecipazione dei lavoratori dipendenti agli utili
o al capitale dell’impresa e della partecipazione dei lavoratori
all’attuazione e al risultato di piani industriali, con istituzione di
forme di accesso dei rappresentanti sindacali alle informazioni
sull’andamento dei piani medesimi;
f) previsione che nelle imprese esercitate in forma di società per
azioni o di società europea, a norma del regolamento (CE) n. 2157/2001
del Consiglio, dell’8 ottobre 2001, che occupino complessivamente più
di trecento lavoratori e nelle quali lo statuto preveda che
l’amministrazione e il controllo sono esercitati da un consiglio di
gestione e da un consiglio di sorveglianza, in conformità agli articoli
da 2409-octies a 2409-quaterdecies del codice civile, possa essere
prevista la partecipazione di rappresentanti dei lavoratori nel
consiglio di sorveglianza come membri a pieno titolo di tale organo,
con gli stessi diritti e gli stessi obblighi dei membri che
rappresentano gli azionisti, compreso il diritto di voto;
g) previsione dell’accesso privilegiato dei lavoratori dipendenti al
possesso di azioni, quote del capitale dell’impresa, o diritti di
opzione sulle stesse, direttamente o mediante la costituzione di
fondazioni, di appositi enti in forma di società di investimento a
capitale variabile, oppure di associazioni di lavoratori, i quali
abbiano tra i propri scopi un utilizzo non speculativo delle
partecipazioni e l’esercizio della rappresentanza collettiva nel
governo dell’impresa.
63. Per l’adozione dei decreti legislativi di cui al comma 62 si
applicano le disposizioni di cui al comma 90 dell’articolo 1 della
legge 24 dicembre 2007, n. 247, in quanto compatibili. Dai decreti
legislativi di cui alle lettere a), b), c), d), f) e g) del comma 62
non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica. Il decreto legislativo di cui alla lettera e) del comma 62
può essere adottato solo dopo che la legge di stabilità relativa
all’esercizio in corso al momento della sua adozione avrà disposto le
risorse necessarie per far fronte agli oneri derivanti dal decreto
legislativo stesso.
64. Il sistema pubblico nazionale di certificazione delle competenze si
fonda su standard minimi di servizio omogenei su tutto il territorio
nazionale nel rispetto dei princìpi di accessibilità, riservatezza,
trasparenza, oggettività e tracciabilità.
65. La certificazione delle competenze acquisite nei contesti formali,
non formali ed informali è un atto pubblico finalizzato a garantire la
trasparenza e il riconoscimento degli apprendimenti, in coerenza con
gli indirizzi fissati dall’Unione europea. La certificazione conduce al
rilascio di un certificato, un diploma o un titolo che documenta
formalmente l’accertamento e la convalida effettuati da un ente
pubblico o da un soggetto accreditato o autorizzato. Le procedure di
certificazione sono ispirate a criteri di semplificazione,
tracciabilità e accessibilità della documentazione e dei servizi,
soprattutto attraverso la dorsale informativa unica di cui al comma 51,
nel rispetto delle norme di accesso agli atti amministrativi e di
tutela della privacy.
66. Per competenza certificabile ai sensi del comma 64, si intende un
insieme strutturato di conoscenze e di abilità, acquisite nei contesti
di cui ai commi da 51 a 54 e riconoscibili anche come crediti
formativi, previa apposita procedura di validazione nel caso degli
apprendimenti non formali e informali secondo quanto previsto dai commi
da 58 a 61.
67. Tutti gli standard delle qualificazioni e competenze certificabili
ai sensi del sistema pubblico di certificazione sono raccolti in
repertori codificati a livello nazionale o regionale, pubblicamente
riconosciuti e accessibili in un repertorio nazionale dei titoli di
istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali.
68. Con il medesimo decreto legislativo di cui al comma 58, sono definiti:
a) gli standard di certificazione delle competenze e dei relativi
servizi, rispondenti ai princìpi di cui al comma 64, che contengono gli
elementi essenziali per la riconoscibilità e ampia spendibilità delle
certificazioni in ambito regionale, nazionale ed europeo;
b) i criteri per la definizione e l’aggiornamento, almeno ogni tre
anni, del repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e
delle qualificazioni professionali;
c) le modalità di registrazione delle competenze certificate, anche con
riferimento al libretto formativo ed alle anagrafi del cittadino.
69. All’onere derivante dall’attuazione della presente legge, valutato
complessivamente in 1.719 milioni di euro per l’anno 2013, 2.921
milioni di euro per l’anno 2014, 2.501 milioni di euro per l’anno 2015,
2.482 milioni di euro per l’anno 2016, 2.038 milioni di euro per l’anno
2017, 2.142 milioni di euro per l’anno 2018, 2.148 milioni di euro per
l’anno 2019, 2.195 milioni di euro per l’anno 2020 e 2.225 milioni di
euro annui a decorrere dall’anno 2021, si provvede:
a) quanto a 1.138 milioni di euro per l’anno 2013, 2.014 milioni di
euro per l’anno 2014 e 1.716 milioni di euro annui a decorrere
dall’anno 2015, mediante utilizzo delle maggiori entrate e dei risparmi
di spesa derivanti dai commi da 72 a 79;
b) quanto a 581 milioni di euro per l’anno 2013, 907 milioni di euro
per l’anno 2014, 785 milioni di euro per l’anno 2015, 766 milioni di
euro per l’anno 2016, 322 milioni di euro per l’anno 2017, 426 milioni
di euro per l’anno 2018, 432 milioni di euro per l’anno 2019, 479
milioni di euro per l’anno 2020 e 509 milioni di euro annui a decorrere
dall’anno 2021, mediante riduzione delle dotazioni finanziarie del
programma di spesa «Regolazioni contabili, restituzioni e rimborsi di
imposta» nell’ambito della missione «Politiche economico-finanziarie e
di bilancio» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e
delle finanze.
70. Ai sensi dell’articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009,
n. 196, il Ministero dell’economia e delle finanze provvede al
monitoraggio degli effetti finanziari derivanti dalle disposizioni
introdotte dalla presente legge. Nel caso in cui si verifichino, o
siano in procinto di verificarsi, scostamenti rispetto alle previsioni
di cui al comma 69, fatta salva l’adozione dei provvedimenti di cui
all’articolo 11, comma 3, lettera l), della citata legge n. 196 del
2009, il Ministro dell’economia e delle finanze provvede, a decorrere
dall’anno 2013, con proprio decreto, alla riduzione lineare, nella
misura necessaria alla copertura finanziaria, delle dotazioni
finanziarie disponibili iscritte a legislazione vigente in termini di
competenza e di cassa, nell’ambito delle spese rimodulabili di parte
corrente delle missioni di spesa di ciascun Ministero, di cui
all’articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n.
196. Sono esclusi gli stanziamenti relativi all’istituto della
destinazione del cinque per mille dell’imposta sul reddito delle
persone fisiche, gli stanziamenti relativi alle spese per la tutela
dell’ordine e la sicurezza pubblica, nonché per il soccorso pubblico.
Il Ministro dell’economia e delle finanze, ai fini delle successive
riduzioni, è autorizzato ad accantonare e rendere indisponibili le
predette somme. Le amministrazioni potranno proporre variazioni
compensative, anche relative a missioni diverse, tra gli accantonamenti
interessati, nel rispetto dell’invarianza sui saldi di finanza.
71. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad
apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
72. All’articolo 164, comma 1, del testo unico delle imposte sui
redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alla lettera b), le parole: «nella misura del 40 per cento» e le
parole: «nella suddetta misura del 40 per cento» sono sostituite dalle
seguenti: «nella misura del 27,5 per cento»;
b) alla lettera b-bis), le parole: «nella misura del 90 per cento» sono
sostituite dalle seguenti: «nella misura del 70 per cento».
73. Le disposizioni di cui al comma 72 si applicano a decorrere dal
periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in
vigore della presente legge. Nella determinazione degli acconti dovuti
per il periodo di imposta di prima applicazione si assume, quale
imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata
applicando le disposizioni di cui al comma 72.
74. All’articolo 37, comma 4-bis, primo periodo, del testo unico delle
imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica
22 dicembre 1986, n. 917, le parole: «15 per cento» sono sostituite
dalle seguenti: «5 per cento». La disposizione di cui al presente comma
si applica a decorrere dall’anno 2013.
75. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 6-quater, comma 2, del
decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni,
dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, come modificato dal comma 48
dell’articolo 2 della presente legge, l’addizionale comunale sui
diritti di imbarco di passeggeri sugli aeromobili di cui all’articolo
2, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è ulteriormente
incrementata, a decorrere dal 1º luglio 2013, di due euro a passeggero
imbarcato. Le maggiori somme derivanti dall’incremento dell’addizionale
disposto dal presente comma sono versate all’INPS con le stesse
modalità previste dalla disposizione di cui al comma 48, lettera b),
dell’articolo 2, e in riferimento alle stesse si applicano le
disposizioni di cui ai commi 49 e 50 del medesimo articolo 2.
76. Il contributo di cui all’articolo 334 del codice delle
assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005,
n. 209, applicato sui premi delle assicurazioni per la responsabilità
civile per i danni causati dalla circolazione dei veicoli a motore e
dei natanti, per il quale l’impresa di assicurazione ha esercitato il
diritto di rivalsa nei confronti del contraente, è deducibile, ai sensi
dell’articolo 10, comma 1, lettera e), del testo unico delle imposte
sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22
dicembre 1986, n. 917, dal reddito complessivo del contraente medesimo
per la parte che eccede 40 euro. La disposizione di cui al presente
comma si applica a decorrere dall’anno 2012.
77. L’INPS e l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro (INAIL), nell’ambito della propria autonomia,
adottano misure di razionalizzazione organizzativa, aggiuntive rispetto
a quelle previste dall’articolo 4, comma 66, della legge 12 novembre
2011, n.183, e dall’articolo 21, commi da 1 a 9, del decreto-legge 6
dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22
dicembre 2011, n. 214, volte a ridurre le proprie spese di
funzionamento, in misura pari a 90 milioni di euro annui a decorrere
dall’anno 2013. Le riduzioni sono quantificate, rispettivamente, in 18
milioni di euro annui per l’INAIL e in 72 milioni di euro per l’INPS,
sulla base di quanto stabilito con il decreto del Ministro del lavoro e
delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e
delle finanze, emanato in applicazione del citato articolo 4, comma 66,
della legge 12 novembre 2011, n.183. Le somme derivanti dalle riduzioni
di spesa di cui al presente comma sono versate entro il 30 giugno di
ciascun anno ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato.
78. L’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, nell’ambito della
propria autonomia, adotta misure di razionalizzazione organizzativa,
aggiuntive rispetto a quelle previste dall’articolo 4, comma 38, della
legge 12 novembre 2011, n. 183, volte a ridurre le proprie spese di
funzionamento, in misura pari a euro 10 milioni a decorrere
dall’esercizio 2013, che sono conseguentemente versati entro il 30
giugno di ciascun anno ad apposito capitolo dello stato di previsione
dell’entrata.
79. I Ministeri vigilanti verificano l’attuazione degli adempimenti di
cui ai commi 77 e 78, comprese le misure correttive previste dalle
disposizioni vigenti ivi indicate, anche con riferimento alla effettiva
riduzione delle spese di funzionamento degli enti interessati.
IL PRESIDENTE