SENTENZA N. 108 ANNO
2013
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE
COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Franco GALLO; Giudici : Luigi
MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria
NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio
LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO,
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di
legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 1, lettera c), del decreto-legge
29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro,
occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro
strategico nazionale), convertito in legge dall'art. 1 della legge 28 gennaio
2009, n. 2, sollevata, in riferimento agli articoli 3, 4 e 38 della
Costituzione, dal Tribunale di Lucca nel procedimento vertente tra A.B. e
l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) ed altra, con ordinanza del
18 giugno 2011, iscritta al n. 266 del registro ordinanze 2011 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 54, prima serie speciale, dell'anno
2011. Visti gli atti di costituzione di A.B. e dell'Istituto nazionale della
previdenza sociale (INPS) nonché l'atto di intervento del Presidente del
Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 9 aprile 2013 il
Giudice relatore Luigi Mazzella; uditi gli avvocati Amos Andreoni e Vittorio
Angiolini per A.B., Antonietta Coretti per l'Istituto nazionale della previdenza
sociale (INPS) e l'avvocato dello Stato Giustina Noviello per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto 1. Nel corso di un giudizio
promosso da A.B. contro l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS)
avente ad oggetto la corresponsione dell'indennità di disoccupazione speciale,
il Tribunale di Lucca ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 4 e 38 della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale l'art. 19, comma 1,
lettera c), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il
sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione
anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito in legge dall'art. 1
della legge 28 gennaio 2009, n. 2. Il rimettente espone che la norma censurata
prevede la concessione di un trattamento pari all'indennità ordinaria di
disoccupazione per un periodo massimo di 90 giorni a favore dei lavoratori
assunti con la qualifica di apprendista in caso di sospensione per crisi
aziendali o occupazionali ovvero in caso di licenziamento. La disposizione,
tuttavia, condiziona l'erogazione di tale indennità ad un intervento
integrativo, pari alla misura almeno del venti per cento dell'indennità stessa,
a carico degli enti bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva. Il
Tribunale di Lucca deduce che l'attore nel giudizio a quo, assunto con qualifica
di apprendista, era stato licenziato da una società appartenente al settore
industria del legno nel quale non esiste alcun ente bilaterale, onde l'INPS, in
sede amministrativa, aveva respinto la sua domanda. Il rimettente aggiunge che
la parte privata non poteva accedere neppure al trattamento di cassa
integrazione guadagni in deroga, riservato ai lavoratori sospesi e non ancora
licenziati, né a quello dell'indennità di mobilità in deroga, beneficio non
previsto dalla Regione Toscana. Tanto premesso, il Tribunale di Lucca sostiene
che l'art. 19, comma 1, lettera c), del decreto-legge n. 185 del 2008, nel
subordinare l'erogazione, a favore dei lavoratori assunti con la qualifica di
apprendisti, del predetto trattamento all'intervento integrativo a carico degli
enti bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva, contrasta con gli
artt. 3, 4 e 38 Cost., «per violazione del principio di ragionevole eguaglianza
nella tutela del lavoro e nel sostegno alla disoccupazione involontaria», stante
l'irragionevole disparità di trattamento che può verificarsi a danno di un
lavoratore che, a differenza di altri e ricorrendo i medesimi presupposti, venga
escluso dall'erogazione del sostegno al reddito per circostanze quali
l'inesistenza o l'inapplicabilità di un contratto collettivo sull'ente
bilaterale, il cui verificarsi è riconducibile a scelte dei sindacati di parte
datoriale o dello stesso datore di lavoro. Inoltre, il chiaro tenore letterale
della norma, la quale espressamente condiziona la concessione della prestazione
all'intervento integrativo a carico degli enti bilaterali previsti dalla
contrattazione collettiva, impedisce di procedere ad un'interpretazione
adeguatrice che possa consentire di evitare l'incidente di costituzionalità.
Quanto alla rilevanza della questione, il rimettente afferma che la norma
censurata deve necessariamente essere applicata nel giudizio a quo e che
dall'accoglimento della questione di legittimità costituzionale discenderebbe un
mutamento nel quadro normativo di riferimento. 2. Nel giudizio di legittimità
costituzionale si è costituito A.B., attore nel giudizio principale, il quale
chiede che la questione sia dichiarata fondata. In particolare, ad avviso della
parte privata, l'art. 19, comma 1, lettera c), del decreto-legge n. 185 del 2008
contrasta con l'art. 3 Cost. in ragione della sua intima contraddizione con il
precedente art. 18 dello stesso decreto-legge, il quale definisce gli
interventi da esso previsti come imposti dall'eccezionale crisi economica
internazionale e dalla conseguente esigenza di riprogrammazione delle risorse
disponibili; è quindi contraddittorio rendere aleatorio (perché condizionato
alla liquidazione di un trattamento integrativo che potrebbe mancare)
l'intervento a favore degli apprendisti sospesi dal lavoro o licenziati.
Inoltre, secondo la difesa del lavoratore, la norma censurata è viziata perché è
fonte di irragionevole disparità di trattamento ai danni di lavoratori che, pur
vivendo come altri una crisi aziendale e occupazionale, sono esclusi da un
intervento di sostegno al reddito voluto e finanziato dallo Stato per
circostanze (l'inesistenza o l'inapplicabilità di un contratto collettivo
sull'ente bilaterale) che nulla hanno a che fare con lo Stato e con le garanzie
da esso offerte. Tale vizio è aggravato dal fatto che le misure previste
dall'art. 19 del decreto-legge n. 185 del 2008 non scaturiscono da scelte
discrezionali del legislatore, ma sono imposte dall'art. 38 della Costituzione.
La parte privata aggiunge che la norma censurata, subordinando il sostegno al
reddito a carico della finanza pubblica all'integrazione da parte di enti
bilaterali, impone alla libertà sindacale tutelata dall'art. 39 Cost. un
sacrificio non indispensabile al fine di realizzare le finalità di assicurare la
tutela del lavoratore in occasione di crisi aziendali e occupazionali, con
conseguente rafforzamento dell'irragionevolezza della norma ai sensi dell'art. 3
Cost. letto in combinato disposto con l'art. 4 della Costituzione. Più in
generale, ad avviso della difesa di A.B., l'art. 19, comma 1, del decreto-legge
n. 185 del 2008 determina una lesione della libertà sindacale protetta dagli
artt. 18 e 39 Cost. che aggrava la violazione degli artt. 3, 4 e 38 Cost.
evocati dal rimettente. Per quanto concerne specificatamente l'art. 38 Cost., la
parte privata deduce che esso è violato sotto un triplice profilo: perché, in
mancanza di intervento dell'ente bilaterale, il lavoratore, oltre a non aver
diritto al trattamento di disoccupazione, rischia di non accedere
all'integrazione salariale e all'indennità di mobilità in deroga; per contrasto
con il principio della universalità dei trattamenti previdenziali finanziati da
risorse pubbliche; perché l'art. 38, quinto comma, Cost., considera la
previdenza privata solamente come eventuale ed aggiuntiva rispetto
all'intervento dello Stato e non come condizionante quest'ultimo. 3. Si è
costituito anche l'INPS, il quale chiede che la questione sia dichiarata
inammissibile o comunque infondata. L'ente sostiene che la norma censurata non
determina alcuna situazione di svantaggio né per i lavoratori dipendenti di un
datore di lavoro che non sia obbligato al versamento di contributi all'ente
bilaterale o che applichi un contratto collettivo che non prevede un simile
ente, né per i lavoratori che aderiscano ad un'associazione sindacale priva di
tale ente. Infatti, in mancanza dell'intervento degli enti bilaterali, l'art.
19, comma 1-bis, del decreto-legge n. 185 del 2008 prevede che le domande di
concessione dell'indennità di disoccupazione debbono essere considerate come
domande di accesso ai trattamenti di cassa interazione guadagni e di mobilità in
deroga. Pertanto, in linea generale, il lavoratore non resta privo di tutela,
perché accede agli ammortizzatori sociali in deroga se previsti dalla sua
Regione di residenza. Se, poi, come nel caso oggetto del giudizio a quo, la
Regione non abbia attivato l'indennità di mobilità in deroga, nessun lavoratore
licenziato può usufruire di quella prestazione eccezionale. Inoltre, ad avviso
della difesa dell'ente previdenziale, occorre considerare anche che le risorse
stanziate per le particolari misure di sostegno del reddito previste dalla norma
censurata, se non completamente impegnate, vanno ad integrare quelle destinate
agli ammortizzatori sociali in deroga.
L'INPS contesta, poi, che sia
ravvisabile un'irragionevole discriminazione a danno dei lavoratori che, a
parità di altre condizioni, non possono accedere alla provvidenza prevista
dall'art. 19, comma 1, lettera c), del decreto-legge n. 185 del 2008 a causa
dell'inesistenza o dell'inapplicabilità di un contratto collettivo che preveda
un ente bilaterale. Infatti il legislatore ha inteso promuovere e incentivare
l'intervento di tali enti, ai quali viene offerta la possibilità di aggiungere
una nuova forma di sostegno del reddito a favore di categorie di lavoratori
(come gli apprendisti sospesi o licenziati) che in precedenza ne erano prive. In
questa prospettiva, la quota di trattamento a carico dello Stato ha la funzione
di integrare il sostegno al reddito eventualmente previsto ed erogato dall'ente
bilaterale. In definitiva, sostiene l'INPS, il vero intervento dello Stato è
costituito dall'integrazione salariale e dall'indennità di mobilità in deroga,
mentre, rispetto alla disoccupazione (come nel caso della sospensione o del
licenziamento dei lavoratori apprendisti), l'intervento di sostegno al reddito
si configura come misura solo eventuale e a carico delle parti sociali, con il
concorso dell'aiuto pubblico. In altri termini, l'adesione agli enti bilaterali
costituisce un onere per le associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei
lavoratori per poter godere dell'intervento, in via sussidiaria, dello Stato.
4. Nel giudizio di legittimità costituzionale è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, il quale chiede che la questione sia dichiarata inammissibile o
manifestamente infondata. Ad avviso della difesa dello Stato, la questione è
inammissibile per erronea individuazione della norma censurata, perché, nella
parte dedicata alla rilevanza, l'ordinanza del Tribunale di Lucca riporta il
testo sia del comma 1, sia del comma 1-bis (il quale, invece, è estraneo alla
questione sollevata), dell'art. 19 del decreto-legge n. 185 del 2008. Inoltre il
Presidente del Consiglio dei ministri afferma che la genericità della
motivazione sulla rilevanza non consente di delibare se, nella fattispecie,
l'accoglimento della questione incida sulla decisione della controversia.
L'Avvocatura generale dello Stato eccepisce, poi, che l'unico, tra i parametri
costituzionali evocati, rispetto al quale sia pertinente la motivazione sulla
non manifesta infondatezza, è l'art. 3 della Costituzione. Nel merito, il
Presidente del Consiglio dei ministri deduce che il legislatore ha inteso
coinvolgere più parti, pubbliche e private, nella realizzazione dell'ampliamento
della platea di lavoratori destinatari di ammortizzatori sociali, arricchendo al
contempo la stessa categoria degli ammortizzatori sociali con un ulteriore
strumento di sostegno del reddito. L'intervento dell'ente bilaterale, pertanto,
non comporta soltanto un'erogazione aggiuntiva a quella a carico dell'ente
stesso, ma costituisce il presupposto in mancanza del quale i lavoratori non
potrebbero beneficiare delle prestazioni sociali previste. La difesa dello Stato
aggiunge che, in ogni caso, in difetto dell'intervento integrativo a carico
dell'ente bilaterale, i lavoratori non restano sforniti di tutela. Questa,
infatti, è garantita attraverso l'accesso diretto ai trattamenti in deroga alla
normativa vigente, come previsto dall'art. 19, comma 1-bis, del decreto-legge n.
185 del 2008. A tale stregua, ad avviso del Presidente del Consiglio dei
ministri, è logica la scelta discrezionale del legislatore di subordinare il
riconoscimento dell'indennità di disoccupazione di cui trattasi all'intervento
degli enti bilaterali. 5. In prossimità dell'udienza pubblica A.B. ha
depositato una memoria nella quale insiste affinché la Corte dichiari fondata la
questione.
La difesa della parte privata, oltre a ribadire gli argomenti
già svolti nell'atto di costituzione, contesta la ricostruzione sostenuta
dall'INPS e dal Presidente del Consiglio dei ministri, secondo la quale
l'intervento previsto dall'art. 19, comma 1, del decreto-legge n. 185 del 2008
dovrebbe essere considerato come una misura a sostegno del sistema degli enti
bilaterali. Questi ultimi, infatti, sono enti privati, frutto della libera
scelta delle parti sociali, onde non sarebbe possibile per il legislatore
forzarli ad intervenire utilizzando risorse che tali enti attingono dalle
imprese e dai lavoratori. Né, sempre ad avviso del ricorrente nel giudizio
principale, è corretto configurare, a carico delle associazioni dei datori di
lavoro e dei lavoratori, un onere di adesione agli enti bilaterali dal cui
assolvimento dovrebbe dipendere l'erogazione dell'aiuto pubblico; infatti, una
simile impostazione trascura di considerare che le conseguenze
dell'inottemperanza a tale onere ricadono, non sui soggetti sui quali esso
grava, bensì sui lavoratori. Inoltre, secondo la difesa di A.B., sarebbe
comunque irragionevole che un beneficio pubblico, finalizzato al sostegno al
reddito e, pertanto, di rilevanza costituzionale (artt. 4 e 38 Cost.), fosse
erogato ai lavoratori senza alcuna obiettività; anzi, sarebbe del tutto
inspiegabile perché, tra tutti gli enti bilaterali previsti dalla contrattazione
collettiva, l'ausilio pubblico riguarderebbe proprio quelli che, fornendo un
intervento integrativo ai lavoratori, si mostrano maggiormente capienti
economicamente. La parte privata sostiene, poi, che l'illegittimità
costituzionale della norma censurata non è esclusa dal fatto che i lavoratori
possano accedere ad altri trattamenti di sostegno al reddito. Infatti, da un
lato, il lavoratore perde comunque una parte della tutela di cui avrebbe potuto
godere e, dall'altro, gli ulteriori trattamenti in deroga sono meramente
eventuali, poiché a loro volta subordinati a propri e diversi requisiti,
oltretutto variabili da Regione a Regione.
Considerato in diritto 1. Il
Tribunale di Lucca dubita, in riferimento agli articoli 3, 4 e 38 della
Costituzione, della legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 1, lettera
c), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a
famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi
il quadro strategico nazionale), convertito in legge dall'art. 1 della legge 28
gennaio 2009, n. 2. 1.1. La norma censurata ha disposto l'estensione
dell'indennità di disoccupazione agli apprendisti (categoria tradizionalmente
esclusa dalla tutela contro la disoccupazione involontaria) «in via sperimentale
per il triennio 2009-2011» in caso di sospensione per crisi aziendali o
occupazionali ovvero di licenziamento. L'art. 6, comma 1, lettera a), del
decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216 (Proroga di termini previsti da
disposizioni legislative), convertito in legge dall'art. 1 della legge 24
febbraio 2012, n. 14, ha, poi, prolungato il periodo di vigenza della
disposizione fino a tutto il 2012. 1.2. Ad avviso del rimettente, l'art. 19,
comma 1, lettera c), del decreto-legge n. 185 del 2008, nel subordinare
l'erogazione, a favore dei lavoratori assunti con la qualifica di apprendisti,
di un trattamento pari all'indennità ordinaria di disoccupazione, in caso di
sospensione o di licenziamento, all'intervento integrativo a carico degli enti
bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva, violerebbe «il principio di
ragionevole eguaglianza nella tutela del lavoro e nel sostegno alla
disoccupazione involontaria», stante l'irragionevole disparità di trattamento
che può verificarsi a danno di un lavoratore che, a differenza di altri e
ricorrendo i medesimi presupposti, venga escluso dall'erogazione del sostegno al
reddito per circostanze quali l'inesistenza o l'inapplicabilità di un contratto
collettivo sull'ente bilaterale, il cui verificarsi è riconducibile a scelte dei
sindacati di parte datoriale o dello stesso datore di lavoro. 1.3.
Successivamente alla rimessione della questione alla Corte, la legge 28 giugno
2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una
prospettiva di crescita), ha proceduto, tra l'altro, ad una riforma della tutela
contro la disoccupazione involontaria. In particolare, la legge citata
ha
sostituito il precedente sistema di tutele con una nuova forma di assicurazione
(l'assicurazione sociale per l'impiego), applicabile anche agli apprendisti
(art. 2, comma 2) e destinata ad operare a decorrere dal 1° gennaio 2013.
Contestualmente, l'art. 2, comma 55, della legge n. 92 del 2012 ha abrogato, a
decorrere dal 1° gennaio 2013, le lettere a), b) e c) del comma 1 dell'art. 19
del decreto-legge n. 185 del 2008. 2. Il Presidente del Consiglio dei ministri
ha sollevato alcune eccezioni di inammissibilità della questione che, però, non
sono fondate. 2.1. In particolare, secondo la difesa dello Stato, la questione
sarebbe inammissibile per erronea individuazione della norma censurata, perché,
nella parte dedicata alla rilevanza, l'ordinanza di rimessione riporta il testo
sia del comma 1, sia del comma 1-bis (il quale, invece, è estraneo alla
questione sollevata), dell'art. 19 del decreto-legge n. 185 del 2008.
L'eccezione non è fondata, perché la menzione del comma 1-bis non determina
alcuna incertezza circa la disposizione che il rimettente ha inteso censurare,
che è quella che subordina la concessione dell'indennità di disoccupazione
all'intervento degli enti bilaterali, norma contenuta appunto nel comma 1,
lettera c), dell'art. 19. 2.2. Il Presidente del Consiglio dei ministri
afferma, poi, che la genericità della motivazione sulla rilevanza non
consentirebbe di delibare se, nella fattispecie, l'accoglimento della questione
incida sulla decisione della controversia. Effettivamente, il giudice a quo si
limita ad affermare che dall'accoglimento della questione di costituzionalità
«discenderebbe un mutamento del quadro normativo di riferimento». Tuttavia il
rimettente espone compiutamente le circostanze di fatto della vicenda e, in
particolare, che l'INPS aveva negato l'erogazione del beneficio al lavoratore
perché, nel settore al quale apparteneva il datore di lavoro del ricorrente, non
esisteva alcun ente bilaterale. È quindi chiaro l'assunto del Tribunale di
Lucca, secondo il quale la rimozione, a seguito dell'invocata declaratoria di
illegittimità costituzionale, della disposizione nella parte in cui condiziona
la concessione dell'indennità all'intervento dell'ente bilaterale determinerebbe
automaticamente l'accoglimento della domanda del lavoratore. 2.3. Infine,
l'obiezione dell'Avvocatura generale dello Stato secondo la quale l'unico, tra i
parametri costituzionali evocati, rispetto al quale sia pertinente la
motivazione sulla non manifesta infondatezza, sarebbe l'art. 3 Cost., non
esclude che la Corte debba comunque esaminare il merito della questione, il cui
nucleo essenziale è costituito, appunto, dal denunciato contrato della norma
censurata con l'art. 3 della Costituzione. 3. Nel merito la questione non è
fondata. 3.1. Deve essere premesso che l'evoluzione del quadro normativo
successiva alla pronuncia dell'ordinanza di rimessione non esclude la necessità
di affrontare il merito della questione. Infatti, l'art. 2, comma 55, della
legge n. 92 del 2012 ha abrogato l'art. 19, comma 1, lettera c), del
decreto-legge n. 185 del 2008 con effetto solamente dal 1° gennaio 2013. Inoltre
l'art. 2, comma 1, della stessa legge n. 92 del 2012 ha precisato che
l'assicurazione sociale per l'impiego (estesa anche agli apprendisti) si applica
solamente ai nuovi eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dal 1°
gennaio 2013. Pertanto gli analoghi eventi precedenti a quella data restano
disciplinati dalla previgente normativa, inclusa la disposizione oggetto della
presente questione, la quale, dunque, deve essere applicata per decidere il
giudizio a quo. 3.2. Orbene, l'art. 19, comma 1, lettera c), del decreto-legge
n. 185 del 2008 è diretto, in realtà, a stimolare le parti sociali a introdurre
misure di sostegno a favore della categoria degli apprendisti. L'intervento
pubblico, cioè, rappresenta un incentivo per le associazioni dei datori di
lavoro e dei
lavoratori affinché esse sviluppino il sistema degli enti
bilaterali nel senso dell'istituzione di forme di intervento anche a favore
degli apprendisti sospesi o licenziati, con la consapevolezza che, nel caso in
cui esse pervengano ad accordi in tal senso, lo Stato contribuirà in misura
consistente al completamento del sistema di tutela per quella categoria di
lavoratori. Al riguardo è significativo che, diversamente dai tradizionali
istituti di sostegno al reddito previsti in caso di sospensione o estinzione del
rapporto, quello stabilito dalla norma censurata non è finanziato dalla
contribuzione posta a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori, bensì dalla
fiscalità generale. Nel senso della natura di incentivo del sistema della
bilateralità piuttosto che di provvidenza direttamente attribuita ai lavoratori
depone anche la preventiva determinazione dell'ammontare complessivo dei fondi
destinati, per ciascun anno, agli interventi da essa previsti; con la
conseguenza che, una volta eventualmente esauriti tali fondi, nulla può essere
comunque concesso ai lavoratori, seppure versino nelle condizioni previste dalla
disposizione stessa. Va infine considerato il carattere sperimentale e
transitorio dell'intervento previsto dall'art. 19, comma 1, lettera c), del
decreto-legge n. 185 del 2008: la norma, da un lato, definisce espressamente
«sperimentale» la misura di sostegno al reddito contemplata a favore degli
apprendisti e, dall'altro, fin dall'inizio ne ha limitato la durata nel tempo
(inizialmente per il triennio 2009-2011, successivamente fino a tutto il 2012).
In sostanza, il legislatore ha inteso verificare la possibilità di realizzare
una tutela a favore degli apprendisti sospesi o licenziati mediante l'intervento
degli enti bilaterali; a tal fine ha stabilito, in via transitoria, lo
stanziamento di determinati fondi, disponendo che, ove le parti sociali avessero
effettivamente previsto quell'intervento, essi avrebbero potuto essere impiegati
a favore della predetta categoria di lavoratori. La natura incentivante e
sperimentale dell'istituto definito dalla norma censurata ne esclude, pertanto,
il carattere irragionevolmente discriminatorio a danno di lavoratori
appartenenti a settori produttivi nei quali non sia stato previsto un ente
bilaterale, appunto perché non si tratta di una misura introdotta stabilmente e
diretta a configurare un incondizionato diritto soggettivo in capo ai
lavoratori. Tanto più che il legislatore ha disposto che, in caso di mancato
intervento degli enti bilaterali, i lavoratori (inclusi gli apprendisti)
accedono direttamente ai trattamenti in deroga alla normativa vigente e possono,
dunque, usufruire di tali misure. Il fatto, poi, che nella Regione di residenza
del ricorrente nel giudizio principale non sia stata attivata l'indennità di
mobilità in deroga costituisce un limite generale di quella categoria di
ammortizzatori sociali, limite che, di per sé, non vale a rendere irragionevole
il diverso istituto dell'indennità di disoccupazione di cui all'art. 19, comma
1, del decreto-legge n. 185 del 2008.
PER QUESTI MOTIVI
LA
CORTECOSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 19, comma 1, lettera c), del decreto-legge 29 novembre
2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e
impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico
nazionale), convertito in legge dall'art. 1 della legge 28 gennaio 2009, n. 2,
sollevata, in riferimento agli articoli 3, 4 e 38 della Costituzione, dal
Tribunale di Lucca con l'ordinanza in epigrafe indicata. Così deciso in Roma,
nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 maggio
2013. F.to:
Franco GALLO, Presidente Luigi MAZZELLA, Redattore Gabriella
MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2013. Il Direttore
della Cancelleria F.to: Gabriella MELATTI