composta dai signori: Presidente:
Alfonso QUARANTA; Giudici : Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO, Luigi
MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo
Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,
Giorgio LATTANZI,
ha pronunciato la seguente
nel giudizio di legittimità
costituzionale dell’articolo 6 della legge della Regione Sardegna 19
novembre 2010, n. 16 (Disposizioni relative al patto di stabilità
territoriale), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con
ricorso notificato il 24-27 gennaio 2011, depositato in cancelleria il
27 gennaio 2011 ed iscritto al n. 3 del registro ricorsi 2011.
Visto l’atto di costituzione della Regione Sardegna;
udito nell’udienza pubblica del 5 luglio 2011 il Giudice relatore Gaetano Silvestri;
uditi l’avvocato dello Stato Gabriella D’Avanzo per il Presidente del
Consiglio dei ministri e l’avvocato Massimo Luciani per la Regione
Sardegna.
Ritenuto in fatto
1. — Con ricorso notificato il 24-27 gennaio 2011 e depositato il
successivo 27 gennaio, il Presidente del Consiglio dei ministri ha
promosso questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 6 della
legge della Regione Sardegna 19 novembre 2010, n. 16 (Disposizioni
relative al patto di stabilità territoriale), in riferimento agli artt.
117, primo e terzo comma, 119, secondo comma, e 120, secondo comma,
della Costituzione, all’art. 3, comma 1, lettera b), e al Titolo III
della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per
la Sardegna).
La norma impugnata stabilisce:
«1. Gli enti locali trasmettono le richieste di modifica di cui
all’articolo 3, comma 2, all’Assessorato regionale degli enti locali,
finanze ed urbanistica, entro il 30 settembre di ciascun anno.
2. In via transitoria, per l’anno 2010, in sede di prima applicazione
gli enti locali trasmettono le richieste di modifica di cui al comma 1,
entro sette giorni dall’entrata in vigore della presente legge».
Secondo il ricorrente, il censurato art. 6, recante «Norme attuative e
transitorie» in tema di patto di stabilità territoriale, non è conforme
alle disposizioni statali che fissano le scadenze entro le quali devono
essere effettuate la rimodulazione e la conseguente comunicazione degli
obiettivi dei singoli enti locali al Ministero dell’economia e delle
finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
In particolare, la disciplina impugnata non consentirebbe il
monitoraggio del patto di stabilità interno, posto a salvaguardia
dell’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva. Infatti,
l’individuazione del termine del 30 settembre di ciascun anno e, in via
transitoria per l’anno 2010, del termine di sette giorni dall’entrata
in vigore della legge regionale in esame, per la comunicazione
anzidetta, risulterebbe in contrasto con quanto stabilito dall’art.
7-quater, comma 7, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5 (Misure
urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, nonché
disposizioni in materia di produzione lattiera e rateizzazione del
debito nel settore lattiero-caseario), convertito in legge, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 9 aprile 2009, n. 33.
Il citato art. 7-quater, comma 7, dispone che – ai fini
dell’applicazione dell’art. 77-ter, comma 11, del decreto-legge 25
giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza
pubblica e la perequazione tributaria), convertito in legge, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133
– la Regione comunichi al Ministero dell’economia e delle finanze,
entro il mese di maggio di ciascuno degli anni 2009/2011, con
riferimento ad ogni ente locale, gli elementi informativi occorrenti
per la verifica del mantenimento dell’equilibrio dei saldi di finanza
pubblica.
Secondo la difesa statale, la comunicazione di cui sopra riguarda «le
modifiche regionali degli obiettivi assegnati agli enti locali al fine
di consentire al Ministero dell’economia e delle finanze di verificare,
attraverso il monitoraggio semestrale, il mantenimento dei saldi di
finanza pubblica nel corso dell’anno».
La disposizione regionale impugnata, invece, prevedendo termini
successivi al 31 maggio per la suddetta comunicazione, non
consentirebbe al Ministero dell’economia di effettuare, nel corso
dell’anno 2010 e di quelli successivi, il monitoraggio, diretto non
solo alla verifica degli adempimenti relativi al patto, ma anche
all’acquisizione di elementi informativi utili per la finanza pubblica
(ex art. 77-bis, comma 14, del d.l. n. 112 del 2008).
Inoltre, in assenza della fissazione del termine di cui sopra al 31
maggio – di recente differito al 30 giugno dall’art. 1, commi 140 e
142, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di
stabilità 2011) – la disciplina regionale del patto di stabilità
interno risulterebbe «priva della natura programmatoria che
caratterizza le norme statali» e si configurerebbe «come una disciplina
elusiva del regime sanzionatorio previsto a livello nazionale». La
previsione impugnata, infatti, renderebbe possibili interventi tali da
configurarsi come «“sanatoria” di fine esercizio, finalizzati
esclusivamente a far risultare adempiente il maggior numero di enti
locali».
Così facendo, la norma regionale potrebbe rendere sempre più difficile
nel tempo il raggiungimento degli obiettivi del patto di stabilità
interno, comportando effetti peggiorativi sui saldi di finanza
pubblica, in quanto gli enti locali, confidando nell’anzidetta
«sanatoria a chiusura dell’esercizio», sarebbero indotti a
comportamenti finanziari poco virtuosi.
Per le ragioni sopra esposte, il ricorrente ritiene che l’art. 6 della
legge reg. Sardegna n. 16 del 2010 ecceda le competenze statutarie
previste dall’art. 3, comma 1, lettera b), nonché dal Titolo III dello
statuto speciale per la Sardegna. La normativa in questione, infatti,
non potrebbe essere ricondotta all’ambito materiale dell’ordinamento
degli enti locali, trattandosi di regole volte al raggiungimento degli
obiettivi del patto di stabilità interno per concorrere a quello più
ampio, dato dal patto di stabilità e crescita europeo. Né rileverebbero
le competenze regionali previste dal Titolo III dello statuto speciale,
in riferimento alle finanze, al demanio e al patrimonio.
La norma impugnata, ponendosi in contrasto con la disciplina statale
sopra richiamata, violerebbe anche gli artt. 117, primo e terzo comma,
119, secondo comma, e 120, secondo comma, Cost., «in riferimento,
rispettivamente, ai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario, al
coordinamento della finanza pubblica e alla tutela dell’unità economica
della Repubblica».
2. — Con atto depositato il 1° marzo 2011, la Regione Sardegna si è
costituita in giudizio chiedendo che le questioni prospettate siano
dichiarate inammissibili e comunque non fondate.
2.1. — Dopo aver sottolineato che la legge impugnata è finalizzata alla
garanzia del pieno utilizzo della capacità finanziaria degli enti
locali, e del rispetto dei vincoli del cosiddetto patto di stabilità
interno, la difesa regionale si sofferma sui profili di inammissibilità
delle censure proposte.
La resistente rileva, in particolare, come l’indicazione dei parametri
violati sia contenuta solo nelle ultime righe del ricorso e non sia
«minimamente dettagliata» nel corpo del medesimo. Quanto poi alla
presunta violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., il ricorrente
non avrebbe indicato alcuna norma comunitaria qualificabile come norma
interposta nel presente giudizio di legittimità costituzionale. Ciò
determinerebbe l’inammissibilità del ricorso per carenza di uno dei
suoi elementi necessari.
Analoga eccezione è sollevata in relazione alla censura per violazione
dell’art. 117, terzo comma, Cost.; anche in questo caso non sarebbe
puntualmente identificata la legge statale che dovrebbe fungere da
parametro interposto, né sarebbe chiarito quale sia il titolo di
competenza concorrente nel cui esercizio lo Stato avrebbe adottato le
norme asseritamente violate. A tal proposito, la difesa regionale
precisa che le norme statali menzionate dal ricorrente sono elencate in
modo indistinto, senza che sia argomentata la pretesa violazione dei
parametri costituzionali evocati.
Da ultimo, la Regione Sardegna sottolinea come non sia affatto provata
la natura di principi fondamentali delle norme statali richiamate nel
ricorso; natura che, comunque, non potrebbe trarsi dalla sola
autoqualificazione operata negli artt. 77-bis e 77-ter del d.l. n. 112
del 2008.
2.2. — Nel merito, la resistente ritiene che il ricorso debba essere
rigettato in quanto «frutto di un palese equivoco» ed «affetto da una
palese contraddizione».
2.2.1. — Dall’esame dell’art. 7-quater, comma 7, del d.l. n. 5 del 2009
e dell’art. 77-ter, comma 11, del d.l. n. 112 del 2008 la difesa
regionale deduce che tali disposizioni sono state «concepite» per le
Regioni ad autonomia ordinaria e si applicano a quelle speciali solo
nel caso in cui, entro il 31 dicembre, non sia raggiunto l’accordo tra
il Presidente della Regione ed il Ministro dell’economia e delle
finanze, previsto dall’art. 77-ter, comma 6, del d.l. n. 112 del 2008.
Inoltre, la normativa sopra indicata si applica agli enti locali delle
Regioni speciali solo se queste ultime non provvedono a definire le
modalità di raggiungimento delle finalità del patto di stabilità
interno entro il 31 dicembre.
Al riguardo, la resistente precisa di aver raggiunto l’intesa con il
Ministro dell’economia in data 8 febbraio 2011 e di aver definito,
entro il 31 dicembre 2010, le compensazioni fra gli enti locali.
Pertanto, a suo dire, la disciplina comune non poteva e non può essere
applicata agli enti locali della Regione Sardegna.
La difesa regionale rileva peraltro che, alla data di proposizione del
ricorso, il procedimento previsto dal comma 2 dell’art. 6 della legge
impugnata si era già concluso con l’adozione di una deliberazione della
Giunta regionale, immediatamente trasmessa al Ministero dell’economia e
delle finanze. Siffatta circostanza – osserva la resistente – non ha
impedito il raggiungimento dell’intesa sul patto di stabilità per il
2010; sarebbe pertanto dimostrato che la resistente non ha in alcun
modo leso le prerogative dello Stato, anzi la stipula dell’accordo
porrebbe in evidenza la carenza di interesse all’impugnazione.
La Regione Sardegna richiama altresì una nota del Ragioniere generale
dello Stato del 28 giugno 2010, nella quale si precisa che la facoltà
di rimodulazione degli obiettivi degli enti locali è preclusa in sede
di consuntivo e che gli enti stessi devono garantire il perseguimento
degli obiettivi di finanza pubblica nella medesima misura stabilita
dalla normativa nazionale, anche se attraverso l’applicazione di regole
regionali.
Secondo la difesa della resistente, la specificità della disciplina
riservata alle Regioni speciali troverebbe conferma nell’evoluzione
storica della normativa statale in tema di patto di stabilità interno.
Le norme statali vigenti in materia prevedono che, per le autonomie
speciali, a seguito dell’intesa tra il Ministro dell’economia e la
Regione o la Provincia autonoma, venga definito un macro-obiettivo, che
sarà poi specificato dalla stessa Regione o Provincia autonoma in
relazione ai singoli enti locali. Inoltre, solo per le autonomie
speciali la normativa regionale può essere applicata agli enti locali
in luogo di quella statale, sempre che ricorrano le condizioni sopra
indicate.
2.2.2. — La resistente procede quindi ad illustrare la scansione
temporale degli adempimenti previsti dalle norme statali in materia,
assumendo che la questione prospettata dal ricorrente – nella misura in
cui presuppone che la norma regionale impugnata possa risolversi in una
sanatoria per gli enti locali che non rispettino il patto di stabilità
interno – sia inammissibile ed infondata.
Sarebbe inammissibile per la natura meramente ipotetica della censura;
il ricorrente, infatti, non avrebbe dimostrato il nesso eziologico tra
la norma e gli effetti indicati.
Sarebbe infondata perché, contrariamente a quanto sostenuto
dall’Avvocatura generale, gli enti locali verrebbero comunque
sottoposti al regime sanzionatorio previsto dalle norme statali in caso
di mancato invio delle certificazioni annuali e delle comunicazioni
trimestrali, prescritte dall’art. 77-bis del d.l. n. 112 del 2008.
Pertanto, la legge regionale impugnata, inserendosi in maniera armonica
nella sequenza procedimentale prevista dalla normativa statale, non
altererebbe né il procedimento di verifica annuale dell’adempimento, da
parte degli enti locali, degli obiettivi del patto, né quello di
monitoraggio trimestrale dell’andamento delle gestioni di competenza
mista.
2.2.3. — Quanto alla «grave contraddizione» in cui sarebbe incorso il
ricorrente, la Regione Sardegna rileva come quest’ultimo non abbia
contestato il meccanismo della rimodulazione, applicabile solo se il
saldo finanziario totale e finale resti inalterato. Pertanto, non si
comprenderebbe quale pregiudizio la norma impugnata arrechi al patto di
stabilità interno.
Al riguardo, la resistente osserva che il termine del 31 maggio di cui
all’art. 7-quater, comma 7, del d.l. n. 5 del 2009 riguarda solo la
comunicazione degli «elementi informativi occorrenti per la verifica
del mantenimento dell’equilibrio dei saldi di finanza pubblica». Questa
comunicazione, a sua volta, non è disciplinata dalla legge regionale
impugnata, la quale non prevedrebbe affatto che gli elementi
informativi non debbano essere trasmessi, ma si limiterebbe a
consentire la compensazione tra un ente locale e l’altro.
In sostanza, secondo la Regione Sardegna, la diversa collocazione nel
tempo del momento della comunicazione degli elementi informativi non
metterebbe a rischio il principio dell’intangibilità dei saldi e non
determinerebbe le conseguenze lamentate dal ricorrente.
2.2.4. — Peraltro, sempre a parere della resistente, «non è affatto
vero che la comunicazione degli elementi informativi debba seguire e
non precedere la compensazione, anzi è logico che la compensazione
possa intervenire dopo il 31 maggio, quando il quadro della situazione
dei singoli enti locali si sarà più puntualmente definito».
Ancora, la difesa regionale ritiene che la norma di cui all’art.
7-quater, comma 7, del d.l. n. 5 del 2009 non sia qualificabile come
principio fondamentale della materia per due ordini di motivi.
In primo luogo, l’avvenuto differimento del termine ivi previsto al 30
giugno e, per il solo anno 2011, al 30 ottobre (art. 1, comma 142,
della legge n. 220 del 2010), escluderebbe la natura di principio
fondamentale, trattandosi di «un termine che lo stesso legislatore
statale modula a piacimento».
In secondo luogo, la Regione Sardegna richiama la sentenza n. 82 del
2007 della Corte costituzionale, la quale, in relazione ad una
fattispecie analoga a quella odierna, ha definito come ordinatorio uno
dei termini previsti nel procedimento di attuazione del patto di
stabilità, escludendone – a detta della resistente – la natura di
principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza
pubblica.
2.2.5. — Da ultimo, la difesa regionale rileva come gli artt. 3, comma
1, lettera b), e 7 dello statuto speciale per la Sardegna, e l’art. 8
del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348 (Norme di attuazione dello statuto
speciale per la Sardegna in riferimento alla legge 22 luglio 1975, n.
382, e al d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616) attribuiscano alla Regione
resistente una specifica autonomia nella materia della finanza pubblica
ed, in particolare, della finanza locale.
3. — In prossimità dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei
ministri e la Regione Sardegna hanno depositato memorie nelle quali
insistono nelle conclusioni già rassegnate, rispettivamente, nel
ricorso e nell’atto di costituzione.
3.1. — In particolare, l’Avvocatura generale contesta le eccezioni di
inammissibilità sollevate dalla resistente, osservando che le censure
prospettate sono «chiare e determinate e non lasciano dubbi
sull’oggetto della contestazione».
Secondo la difesa statale, la diversa regolamentazione dei termini
entro i quali gli enti locali possono rideterminare gli obiettivi già
fissati si pone in contrasto con la disciplina statale indicata nel
ricorso, le cui disposizioni costituiscono, ai sensi dell’art. 77-ter,
comma 1, del d.l. n. 112 del 2008, «principi fondamentali di
coordinamento della finanza pubblica».
Quanto all’asserita carenza di indicazione delle norme comunitarie
violate, l’Avvocatura generale precisa che i vincoli derivanti
dall’ordinamento comunitario sono, nel caso di specie, quelli disposti
dal patto di stabilità e di crescita, stipulato dai Paesi membri
dell’Unione europea e recepito negli artt. 121 (ex art. 99 TCE) e 126
(ex art. 104 TCE) del Trattato 25 marzo 1957 (Trattato sul
funzionamento dell’Unione europea).
Sarebbe, inoltre, «perfettamente coerente e giustificata dal tenore
della disposizione regionale censurata» la questione prospettata in
relazione all’art. 120, secondo comma, Cost., che prevede il potere
sostitutivo del Governo «a tutela dell’unità economica» in caso di
«mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa
comunitaria».
Infine, la difesa statale contesta l’eccezione sollevata dalla Regione
Sardegna, riguardante il significato delle censure prospettate, posto
che il Ministero dell’economia e delle finanze ha manifestato il
proprio assenso all’accordo sulla proposta formulata dalla stessa
Regione in merito al patto di stabilità territoriale per l’anno 2010.
Siffatta eccezione sarebbe infondata, in quanto l’assenso del Ministero
dell’economia all’accordo sul patto di stabilità, proposto dalla
Regione ai sensi dell’art. 77-ter, comma 6, del d.l. n. 112 del 2008,
avrebbe un oggetto diverso dalla rideterminazione degli obiettivi dei
singoli enti e, quindi, non inciderebbe sui tempi previsti dal
censurato art. 6 della legge regionale, per trasmettere le relative
richieste di modifica.
Peraltro, aggiunge la difesa statale, la facoltà delle Regioni di
differenziare all’interno del territorio, anche secondo proprie regole,
i vincoli posti dal legislatore nazionale in relazione alle differenze
esistenti, è azionabile sempre nel rispetto dell’obiettivo determinato
in attuazione della normativa nazionale.
Di conseguenza, l’introduzione di una tempistica diversa da quella
stabilita dalle disposizioni in materia di patto di stabilità
disattenderebbe le regole poste dallo Stato per il coordinamento e il
monitoraggio della finanza pubblica, pregiudicando anche il
perseguimento degli obiettivi posti a livello europeo.
3.2. — Nel merito, l’Avvocatura generale ribadisce le censure già
prospettate nel ricorso, evidenziando – anche alla luce di quanto
disposto dall’art. 1, commi 141 e 142, della legge n. 220 del 2010 –
che il tempestivo adempimento da parte delle Regioni consente al
Ministero dell’economia e delle finanze di verificare, attraverso il
monitoraggio semestrale, il mantenimento dei saldi di finanza pubblica
nel corso dell’anno; così disponendo, il legislatore statale ha voluto
evitare le ricadute di carattere economico che un irrazionale ricorso a
modifiche di vincoli statali da parte degli enti locali avrebbe potuto
produrre. Da quanto appena detto discenderebbe la «espressa previsione
della perentorietà del termine», stabilita dalla citata legge n. 220
del 2010.
1. — Il Presidente del Consiglio dei
ministri ha impugnato l’articolo 6 della legge della Regione Sardegna
19 novembre 2010, n. 16 (Disposizioni relative al patto di stabilità
territoriale), in riferimento agli artt. 117, primo e terzo comma, 119,
secondo comma, e 120, secondo comma, della Costituzione, all’art. 3,
comma 1, lettera b), e al Titolo III della legge costituzionale 26
febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna).
2. — La questione sollevata in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost. è fondata.
2.1. — L’art. 7-quater, comma 7, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n.
5 (Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, nonché
disposizioni in materia di produzione lattiera e rateizzazione del
debito nel settore lattiero-caseario), convertito in legge, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 9 aprile 2009, n. 33,
prescrive l’obbligo per le Regioni di comunicare al Ministero
dell’economia e delle finanze, «entro il mese di maggio di ciascuno
degli anni 2009/2011, con riferimento a ciascun ente locale, gli
elementi informativi occorrenti per la verifica del mantenimento
dell’equilibrio dei saldi di finanza pubblica».
L’art. 1, comma 142, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato –
legge di stabilità 2011) ha spostato il suddetto termine al 30 giugno
di ciascun anno, definendo lo stesso «perentorio».
2.2. — Occorre – al fine di valutare in modo sistematico la norma
impugnata – prendere in esame altre norme della legge reg. Sardegna n.
16 del 2010, rilevanti per il presente giudizio.
Il legislatore regionale, già nell’art. 1, precisa che «la presente
legge disciplina il patto di stabilità degli enti locali ai sensi
dell’articolo 77-ter del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112». L’art.
2 stabilisce, tra l’altro, che la Regione – in attuazione delle
disposizioni di cui all’art. 77-ter, comma 11, del decreto-legge 25
giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza
pubblica e la perequazione tributaria), convertito in legge, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133
– provvede ad adattare per gli enti locali le regole ed i vincoli posti
dal legislatore nazionale riguardanti la disciplina del patto di
stabilità interno, fermo restando il rispetto dell’obiettivo
complessivamente determinato in attuazione della normativa nazionale.
Si deve al proposito osservare che lo stesso legislatore sardo
riconosce l’applicabilità, nei confronti della Regione Sardegna, del
comma 11 del citato art. 77-ter, a differenza di quanto invece sostiene
nell’odierno giudizio la difesa regionale, secondo cui le censure
governative sarebbero infondate, poiché la suddetta disposizione non si
applicherebbe alle Regioni a statuto speciale.
L’art. 3 consente alla Giunta regionale di ridefinire, con propria
deliberazione, gli obiettivi dei singoli enti locali. In particolare,
il comma 2 del suddetto articolo prevede che gli obiettivi dei singoli
enti possano essere modificati in senso peggiorativo o in senso
migliorativo, nel rispetto dell’obiettivo aggregato. A tal fine, gli
enti trasmettono le richieste di modifica all’Assessorato regionale
degli enti locali, finanze e urbanistica. Il successivo comma 3 pone
dei limiti alle richieste di modifica degli obiettivi dei singoli enti
locali. Il comma 4 stabilisce che la Giunta regionale, prima di
ridefinire gli obiettivi dei singoli enti locali, promuove un’intesa in
sede di concertazione istituzionale con gli enti locali, finalizzata
alla rimodulazione dei singoli obiettivi. Infine, il comma 5 obbliga la
Regione a comunicare gli obiettivi rideterminati al Ministero
dell’economia e delle finanze entro sette giorni dall’adozione della
delibera di cui al comma 1.
L’art. 6, comma 1, oggetto delle odierne questioni di legittimità
costituzionale, stabilisce che gli enti locali trasmettono
all’Assessorato regionale competente le richieste di modifica degli
obiettivi entro il 30 settembre di ciascun anno. Il comma 2 dell’art.
6, anch’esso impugnato nel presente giudizio, prevede che, per l’anno
2010, in sede di prima applicazione della legge in esame, gli enti
locali trasmettono le richieste di modifica entro sette giorni
dall’entrata in vigore della legge regionale.
In sintesi, oggetto delle censure del ricorrente è il termine fissato
dalla legge regionale per la trasmissione all’Assessorato regionale, da
parte degli enti locali, delle richieste di modifica degli obiettivi
dei singoli enti locali.
3. — È necessario, in primo luogo, individuare l’ambito materiale di incidenza delle norme impugnate.
Al suddetto scopo, occorre notare che l’art. 6 si colloca all’interno
di un quadro normativo, statale e regionale, volto ad assicurare il
rispetto dei vincoli posti dal patto di stabilità, sia a livello
nazionale, sia a livello comunitario. Pertanto, le norme impugnate sono
riconducibili all’ambito del coordinamento della finanza pubblica,
piuttosto che a quello dell’ordinamento degli enti locali o della
finanza locale, ancorché il citato art. 6 concerna la trasmissione di
dati degli enti locali alla Regione Sardegna. Difatti, le ricadute che
tali norme hanno sugli equilibri della finanza pubblica generale sono
tali da rendere obbligata la soluzione prima prospettata.
3.1. — Il punto da definire riguarda l’accertamento della denunciata
violazione, da parte della disposizione impugnata, dei principi
fondamentali di coordinamento della finanza pubblica. A tal fine,
bisogna stabilire se le norme statali richiamate dal ricorrente
contengano principi fondamentali idonei a vincolare il legislatore
regionale, anche se trattasi di Regione ad autonomia speciale.
Al riguardo, è utile richiamare la giurisprudenza di questa Corte, la
quale, per un verso, ha elaborato una nozione ampia di principi
fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, per altro verso,
ha precisato come la piena attuazione del coordinamento della finanza
pubblica possa far sì che la competenza statale non si esaurisca con
l’esercizio del potere legislativo, ma implichi anche «l’esercizio di
poteri di ordine amministrativo, di regolazione tecnica, di rilevazione
di dati e di controllo» (sentenza n. 376 del 2003; in senso conforme,
sentenze n. 112 del 2011, n. 57 del 2010, n. 190 e n. 159 del 2008).
Questa Corte ha messo pure in rilievo il carattere “finalistico”
dell’azione di coordinamento e, quindi, l’esigenza che «a livello
centrale» si possano collocare anche «i poteri puntuali eventualmente
necessari perché la finalità di coordinamento» venga «concretamente
realizzata» (sentenza n. 376 del 2003, già citata).
Si deve pure ricordare come questa Corte abbia ritenuto, con
giurisprudenza costante, che i principi fondamentali fissati dalla
legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica
siano applicabili anche alle Regioni a statuto speciale ed alle
Province autonome (ex plurimis, sentenze n. 120 del 2008, n. 169 del
2007).
4. — In definitiva, la competenza statale a fissare una tempistica
uniforme per tutte le Regioni, circa la trasmissione di dati attinenti
alla verifica del mantenimento dei saldi di finanza pubblica, può
logicamente dedursi dalle esigenze di coordinamento, specie in un
ambito – come quello del patto di stabilità interno – strettamente
connesso alle esigenze di rispetto dei vincoli comunitari. Tempi non
coordinati delle attività di monitoraggio – strumentali, queste ultime,
allo scopo di definire, per ciascun anno, i termini aggiornati del
patto di stabilità – provocherebbero difficoltà operative e
incompletezza della visione d’insieme, indispensabile perché si
consegua l’obiettivo del mantenimento dei saldi di finanza pubblica.
La premessa per la determinazione del quadro nazionale – da inserirsi
in quello europeo – è la disponibilità preventiva di dati certi e
completi. Non è pertanto accettabile che i termini per la comunicazione
dei dati, che le singole Regioni, anche a statuto speciale, fissano al
proprio interno, nei rapporti con gli enti locali, siano successivi a
quelli stabiliti su base nazionale. Non le singole date – stabilite ed
eventualmente modificate dalle leggi statali – costituiscono principi
fondamentali, ma il necessario allineamento cronologico, che consenta
lo svolgimento armonico e coordinato di tutte le procedure atte a
rendere concreto l’impegno ad osservare il patto di stabilità.
Si deve pertanto concludere che l’art. 6 della legge reg. Sardegna n.
16 del 2010 è costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art.
117, terzo comma, Cost., in quanto non è consentito alle Regioni, ivi
comprese quelle ad autonomia differenziata, modificare i termini per la
trasmissione dei dati relativi alla verifica del mantenimento dei saldi
di finanza pubblica.
5. — Sono assorbite le altre censure di legittimità costituzionale
prospettate dal ricorrente nell’atto introduttivo del presente giudizio.
per questi motivi
dichiara l’illegittimità
costituzionale dell’articolo 6 della legge della Regione Sardegna 19
novembre 2010, n. 16 (Disposizioni relative al patto di stabilità
territoriale).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 luglio 2011.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Gaetano SILVESTRI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 22 luglio 2011.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: MELATTI