LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. BRUSCO
Carlo G. - Presidente
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Dott. MAISANO
Giulio - Consigliere
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Dott. MARINELLI Felicett -
Consigliere
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Dott. VITELLI CASELLA Luc - rel. Consigliere
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Dott. PICCIALLI Patrizia -
Consigliere
-
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI GENOVA;
nei confronti di:
F.A. N. IL (OMISSIS) C/;
avverso la sentenza n. 3997/2009 CORTE APPELLO di GENOVA, del 07/04/2010;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 29/04/2011 la
relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;
Udito il Procuratore Generale
in persona del dott. FODARONI Giuseppina
che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv.
Ricco Giovanni del foro di
Genova dell'impugnata ordinanza della richiesta del PG.
Fatto
Con sentenza in data 7 aprile 2010,
la Corte d'appello di Genova, parzialmente riformando la sentenza
emessa in data 16 ottobre 2008 dal GIP del Tribunale di Savona, in
esito a giudizio abbreviato, assolveva F.A. con la formula: "perchè il
fatto non costituisce reato "dal delitto di cui all'art. 589 cod. pen.
per aver cagionato (in concorso con analoghe omissioni risalenti a M.
M., neurologo in servizio all'Ospedale /"S.Paolo" di Savona/, giudicato
separatamente) la morte di G.V. - colpita da lesione emorragica
frontale sinistra e da aneurisma dell'arteria comunicante anteriore
-avendo colposamente omesso, in qualità di neurologo addetto
all'ambulatorio del centro cefalee della ASL di Savona, per imprudenza,
negligenza ed imperizia e per inosservanza delle regole fondamentali
dell'arte medica, di disporre con urgenza approfondimenti diagnostici
di laboratorio: E.E.G., T.A.C, cranica, angiorisonanza ed angiografia
cerebrale. Fatto commesso in (OMISSIS); morte sopravvenuta in (OMISSIS).
Il GIP del Tribunale di Savona, in esito a giudizio abbreviato, aveva
assolto l'imputata "per non aver commesso il fatto" ritenendo il
difetto di nesso eziologico tra le pur accertate omissioni colpose di
ordine diagnostico e terapeutico. Si era accertato che l'imputata aveva
sottoposto a visita neurologica ambulatoriale la paziente in data
(OMISSIS) facendo propria la diagnosi di "cefalea tensiva acuta"
formulata dal dr. M. all'atto di dimettere la giovane donna - senza
aver effettuato o prescritto alcun accertamento diagnostico di tipo
strumentale - dal pronto soccorso dell'Ospedale di (OMISSIS) ove i
genitori l'avevano condotta il (OMISSIS), in preda ad un violento
attacco di mal di testa, con nausea, in reiterazione di analogo
episodio verificatosi il (OMISSIS). I periti medico - legali avevano
infatti sostenuto che, quand'anche la prevenuta avesse messo in
discussione detta diagnosi ed intuito la necessità di far luogo ad
ulteriori approfondimenti strumentali, questi, essendo la paziente, in
quel momento asintomatica, sarebbero stati effettuati senza urgenza. La
corretta diagnosi di aneurisma (dalla cui rottura era conseguita
emorragia subaracnoidea, causa del decesso) alla quale gli esiti degli
esami avrebbero condotto, sarebbe comunque intervenuta troppo tardi per
poter effettuare, prima del (OMISSIS), un intervento chirurgico di
urgenza, risolutivo della patologia che le due violente, pregresse
cefalee, quali vere e proprie cefalee sentinella, avrebbero dovuto far
ragionevolmente sospettare.
La Corte d'appello di Genova, respingendo le impugnazioni proposte dal
Procuratore della Repubblica di Savona e dal Procuratore Generale di
Genova, ha invece ritenuto di mandare assolta l'imputata con la formula
"perchè il fatto non costituisce reato" una volta acclarata
l'insussistenza di comportamenti omissivi penalmente (e prima ancora
"medicalmente") rilevanti; ciò alla stregua di quanto concordemente
dichiarato sia dai periti d'ufficio che da quello di parte civile.
Attese le condizioni cliniche di benessere della paziente, come
obiettivamente riscontrate dalla imputata all'atto della visita
ambulatoriale eseguita il (OMISSIS) (a differenza di quelle in cui la
giovane donna versava allorchè era stata visitata dal dr. M., al pronto
soccorso,il (OMISSIS) ove era giunta d'urgenza, sorretta dal padre,
sotto l'attacco di una violenta cefalea) non sussisteva alcuna
plausibile indicazione per far luogo all'esecuzione di un'angiografia
di urgenza che solamente avrebbe consentito di accertare la presenza
dell'aneurisma, la cui rottura ebbe a provocarne la morte. Ricorre per
cassazione avverso la sentenza, il Procuratore Generale di Genova
articolando tre motivi, così di seguito sintetizzati.
1 - violazione od erronea applicazione dell'art. 597 c.p.. Deduce il
ricorrente che oggetto del ricorso (poi avvertitosi in appello)
proposto avverso la sentenza di primo grado era il punto di fatto e di
diritto concernente la statuizione di assoluzione cui era pervenuto il
Giudice di prime cure che, pur avendo riconosciuto che le due gravi
crisi encefaliche acute erano chiara manifestazione del sanguinamento
dell'aneurisma (cc.dd. cefalee sentinella) e che comunque non avrebbero
dovuto esser omessi gli approfondimenti diagnostici strumentali, aveva
poi ritenuto che detti esami sarebbero stati prenotati senza urgenza "e
quindi la diagnosi sarebbe giunta troppo tardi" per poter eseguire
l'intervento chirurgico prima del (OMISSIS). La Corte d'appello invece,
pronunziando l'assoluzione della imputata, con mutamento della formula
sul presupposto del difetto di colpa, ha proceduto, in violazione del
principio devolutivo ed in mancanza di una relazione logica di
connessione o di dipendenza con il punto della sentenza di primo grado,
gravata d'appello, ad una ricostruzione del fatto parzialmente diversa
ed alla completa revisione delle valutazioni dei consulenti circa la
riconoscibilità dell'aneurisma in atto.
2- contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale sarebbe incorsa in tale
vizio nel momento in cui, pur avendo ammesso che l'angiografia
d'urgenza avrebbe consentito di accertare la presenza dell'aneurisma,
aveva poi affermato, senza approfondite spiegazioni, che lo stesso
esame, ove eseguito in occasione della visita della dott. F., avrebbe
dato esito pressochè negativo. I Giudici d'appello avevano quindi
confuso la necessità di formulare la tempestiva diagnosi, anche se
alternativa o dubitativa, con la tempestiva terapia, fermo restando che
solo quest'ultima avrebbe scongiurato l'infausto evento.
Per pervenire ad escludere la colpa dell'imputata, la Corte d'appello
avrebbe dato rilievo a valutazioni atecniche ed alla prassi circa
l'acritico recepimento di diagnosi già preconfezionate, come segnalato
dai consulenti di parte, omettendo di sottoporre a verifica tutto il
materiale probatorio, come richiesto con l'atto di gravame.
3 - difetto di motivazione travisamento della prova. La Corte
d'appello, per escludere la ricorrenza della colpa, aveva altresì
ritenuto giustificata la mancanza di approfondimento della diagnosi,
anche strumentale, in ragione delle condizioni di benessere che la
paziente presentava all'atto della visita ambulatoriale cui era stata
sottoposta dalla imputata. In realtà i consulenti avevano chiarito che
le cc.dd. cefalee sentinella si alternano a periodi di benessere, tali
da non escludere la sussistenza di un aneurisma cerebrale. Per effetto
del travisamento delle affermazioni del consulente dr. A. (che aveva
invece ribadito che integrava profilo di colpa grave l'atteggiamento
della dott. F. che aveva fatto propria supinamente la precedente
diagnosi, omettendo di disporre altri esami con urgenza) i Giudici
d'appello erano pervenuti ad affermare la mancanza della colpa.
Conclude ti ricorrente per l'annullamento con rinvio della impugnata
sentenza.
Diritto
La prima censura proposta è infondata.
Non ritiene il Collegio di discostarsi dall'orientamento prevalente e
consolidato della giurisprudenza di legittimità (fatto proprio anche da
questa Sezione con specifico riferimento a fattispecie di reati
colposi) secondo cui l'effetto devolutivo dell'appello è connesso ai
"punti" della decisione e non alle singole questioni che vi si
dibattono. Di talchè la nozione: "punti della decisione" di cui
all'art. 597 c.p.p., comma 1, va collegata al momento dispositivo della
sentenza appellata più che a quello logico e, quindi, deve riferirsi
alla decisione del Giudice, e non ad una semplice argomentazione logica
(cfr. S.U. n. 1/ 2000; Sez. 3 n. 28253/2010).
"Pertanto la preclusione derivante dall'effetto devolutivo dell'appello
relativa ai punti della decisione che non sono stati oggetto dei motivi
di gravame e che acquistano autorità di giudicato, non può riguardare
gli argomenti logici. Ne deriva che nel procedimento per reato colposo,
quando la sentenza venga impugnata in ordine alla sussistenza della
responsabilità, il giudice di appello ha il potere-dovere di indagare
su tutti gli elementi di colpa contestati al prevenuto, dovendo
considerarsi gli accertamenti relativi ai detti elementi -
particolarità della condotta dell'agente e non già distinti requisiti
del reato - come notizia di argomentazione logica, e non già quali
punti della decisione, oggetto di una manifestazione di volontà del
giudice (Sez. 4, 9 febbraio 1996, Bonetti, Rv 205265 Sez. 4 n.
47158/2007).
Ne discende, nella concreta fattispecie che, avendo la Procura Generale
di Genova proposto, avverso la sentenza di primo grado, ricorso per
cassazione (poi convertitosi in appello) lamentando l'inosservanza od
erronea applicazione della legge penale in tema della mancata
affermazione della penale responsabilità dell'imputata per il ritenuto
difetto di colpa, siffatto gravame ha avuto l'effetto di devolvere alla
Corte d'appello la cognizione di tutte le articolazione di tale profilo
dell'imputazione implicando necessariamente la verifica della
ricorrenza dei presupposti dell'affermazione della responsabilità
dell'imputata, la valutazione anche dell'elemento soggettivo
contestato. Meritano invece accoglimento le altre doglianze proposte
con cui il ricorrente lamenta l'illogicità, la contraddittorietà e la
mancanza di motivazione della sentenza impugnata.
La Corte distrettuale, disattendendo le impugnazioni proposte dalla
Pubblica Accusa avverso la pronunzia assolutoria di primo grado, ha
inteso ribadire l'insussistenza di qualsivoglia profilo di colpa
connotante le omissioni addebitate all'imputata in veste di neurologo
addetto all'ambulatorio del centro cefalee, per non aver
tempestivamente diagnosticato alla paziente, facendo luogo
all'espletamento degli specifici esami di laboratorio, la presenza di
emorragia subaracnoidea frontale sinistra che aveva evidenziato - in
uno con il sanguinamento dell'aneurisma - la TAC eseguita all'Ospedale
di (OMISSIS) in occasione del ricovero in data 30 novembre 2005 cui
aveva fatto seguito l'immediata sottoposizione ad intervento
chirurgico, che, purtroppo, a cagione della tardività, non aveva
sortito il successo sperato. L'esito favorevole di esso era invece
largamente prevedibile, come evidenziato dal Primo Giudice sulla scorta
degli accertamenti peritali eseguiti dai dott.ri T. e B., ove fosse
stata posta tempestivamente la diagnosi e, conseguentemente,
l'esecuzione del trattamento chirurgico dell'aneurisma.
Il che - vale subito anticiparlo - è elemento di non trascurabile
rilevanza agli effetti della verifica cd. controfattuale della
sussistenza del nesso di causa, per ciò che concerne il segmento della
condotta positiva esigibile dall'imputata quanto agli addebiti omissivi
alla stessa ascritti.
La Corte d'appello, per giungere ad escludere qualsivoglia profilo di
colpa nell'operato della F., ha del tutto omesso di considerare che le
due gravi crisi cefaliche acute, con dolore intensissimo, verificatesi
il (OMISSIS) e nella notte tra il (OMISSIS) (quest'ultima sopravvenuta
circa quindici giorni prima della visita ambulatoriale cui la vittima
era stata sottoposta il (OMISSIS)) in realtà rappresentarono degli
episodi di cd. cefalee sentinella ovvero sintomi del sanguinamento
dell'aneurisma, come evidenziato dal Primo Giudice sulla scorta "della
documentazione acquisita e delle considerazioni dei periti ed avuto
riguardo all'inoccasionalità, all'intensità delle stesse, oltrechè,
ovviamente all'epilogo tragico della vicenda". Nè ha valutato - al fine
di affermarne, in termini plausibili, l'eventuale compatibilità logica
con la tesi della mancanza di colpa - il fatto che, come rimarcato dal
ricorrente sulla base della perizia d'ufficio e delle consulenze di
parte, le cd. cefalee sentinella sono caratterizzate da periodi di
benessere, della più diversa durata temporale; benessere inteso come
assenza di dolore, di guisa che, detto favorevole stato apparente,
interponendosi ad episodi cefalgici gravi, non vale ad escludere, ma
semmai sottolinea la presenza di un possibile aneurisma cerebrale.
Illogici oltrechè del tutto insufficienti appaiono, come sostenuto in
ricorso, gli ulteriori assunti motivazionali della sentenza impugnata
laddove, sempre nell'ottica di escludere la rilevanza colposa
dell'omessa tempestiva diagnosi a cagione dell'omessa esecuzione degli
specifici esami strumentali, vengono acriticamente sposate le tesi
sostenute dai periti prof. T. e prof. A. (secondo i quali, all'atto
della visita eseguita dall'imputata il 15 novembre 2005, solamente per
"un lampo di genio" o sulla base di una "straordinaria intuizione"
arebbe stato possibile per un medico anche semplicemente "sospettare"
che la paziente fosse portatrice di un aneurisma cerebrale ) senza far
cenno al fatto che la F. aveva assunto, pacificamente in fatto ed in
diritto, la cd. posizione di garanzia nei confronti della paziente che
a lei si era rivolta quale addetta al centro cefalee, "anche e proprio
circa la bontà della diagnosi e della cura" (così si precisa in
ricorso). Ora non pare possa mettersi in dubbio che abbiano invece
rilevanza, sotto il profilo della negligenza,dell'imperizia
professionale e della violazione del fondamentali precetti della buona
arte medica, l'aver, la prevenuta trascurato l'approfondimento
anamnestico del caso clinico in esame, attesochè la negatività
dell'esame neurologico cui aveva sottoposto la paziente non vale
sempre, come certificato dai periti, ad escludere l'emorragia sub
aracnoidea,al fine di poter procedere alla verifica critica della
diagnosi di "crisi cefaliche " formulata dagli altri sanitari, in
relazione ai due pregressi episodi, entrambi trattati al pronto
soccorso. L'una cartella clinica (relativa al (OMISSIS)) enunciava che
la paziente "non soffre di cefalea.
Riferisce di improvvisa cefalea improvvisa insorta circa tre ore fa";
con l'altra cartella (relativa al (OMISSIS)) si certificava che la
paziente era "sofferente di crisi cefaliche nella fase di rilassamento
dopo periodi di stress; riferisce di diverse crisi cefaliche in
passato". Ineludibile avrebbe dovuto apparire per l'imputata, nel ruolo
di medico specialista del centro cefalee alla quale la paziente si era
rivolta, l'obbligo di acquisire la maggior parte delle informazioni
disponibili onde dirimere la contraddittorietà delle risultanze delle
due cartelle cliniche,al fine di esser poi in grado di porre una
corretta diagnosi.
L'imputata, pur non avendo avuto l'occasione di visitare "a caldo" la
paziente diciannovenne (come era invece accaduto ai colleghi del pronto
soccorso) avrebbe potuto apprendere dalle sue stesse parole particolari
rilevanti sui pregressi episodi con specifico riferimento alla grave
crisi cefalgica che, nella notte tra il (OMISSIS), ne aveva determinato
l'ulteriore ricovero all'Ospedale di (OMISSIS) in preda ad un attacco
ancor più violento di mal di testa, tanto che G.V. era stata condotta
in braccio dal padre, fino all'ingresso del nosocomio.
Stante dunque una siffatta condizione clinica della paziente, non
poteva non apparire condotta pacificamente e perfettamente esigile
dall'imputata, contrariamente alle illogiche e carenti argomentazioni
della Corte distrettuale sottoposte a condivisibile critica dal
ricorrente, quella di verificare se i due pregressi episodi di cefalea
(posta la diagnosi, sia pure in forma dubitativa dai colleghi del
pronto soccorso, di "cefalea tensiva acuta") non facessero quantomeno
sospettare due casi di vere e proprie "cefalee sentinella", con la
conseguente logica necessità di procedere ad approfondimendo
diagnostico, disponendo con urgenza gli esami strumentali di
laboratorio del caso, specificamente elencati nel capo di imputazione
ed in particolare l'angiografia d'urgenza che avrebbe consentito, come
riconosciuto anche dalla Corte distrettuale, di accertare la presenza
dell'aneurisma, non rilevando in contrario, per difetto di logicità e
di comprensibilità (come lamentato dal ricorrente), l'assunto
motivazionale della sentenza impugnata,mutuato dalla deposizione del
perito prof. A. che aveva qualificato come "pressochè negativo" l'esito
dell'eventuale angiorisonanza cerebrale.
E' infine conclusivamente da escludere, in riferimento alla rilevanza
causale della condotta doverosa omessa in relazione al giudizio cd.
controfattuale (cui sopra si è fatto cenno) che l'apparente stato
asintomatico della paziente all'atto della visita cui era stata
sottoposta dalla imputata, posto il concreto ed evidente sospetto della
presenza di un aneurisma cerebrale, avrebbe giustificato una richiesta
di effettuare i necessari esami di laboratorio "senza urgenza" (sì da
causare l'intempestiva - e quindi fatale - esecuzione dell'intervento
chirurgico, ritenuta l'unica terapia risolutiva della patologia o
comunque tale da garantire ottime probabilità di successo) presso le
strutture pubbliche, senza considerare che ben avrebbe potuto la
paziente rivolgersi a strutture sanitarie private notoriamente più
sollecite, alle quali,ove dotata di assicurazione sanitaria
(circostanza del tutto inesplorata, in entrambi i gradi del giudizio di
merito) avrebbe potuto avere accesso anche gratuito.
L'impugnata sentenza deve quindi esser annullata con rinvio ad altra
Sezione della Corte d'appello di Genova che procederà al riesame della
vicenda processuale, tenuto conto di quanto fin qui premesso.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'appello di Genova.
Così deciso in Roma, il 29 aprile 2011.
Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2011